lunedì 10 ottobre 2016

Se la guerra è "un gran giro de quattrini"



La marcia della pace (e della fraternità come si è aggiunto di recente) Perugia Assisi attira sempre tante persone di ogni genere. Difficile rappresentare tale popolo con un solo pensiero, nonostante i discorsi ufficiali da palco ed infatti è una realtà che manca di rappresentanza oppure ne ha troppe. 


Anche l’edizione 2016, che ha visto anche una significativa presenza dai paesi terremotati del Centro Italia, ha radunato circa centomila persone giunte da tutta Italia per compiere quel tratto di strada tra Perugia Assisi che, nel Duecento, Francesco, figlio di Pietro da  Bernardone, percorse dopo aver conosciuto la ferocia della guerra e la triste prigionia nella città nemica.
Oggi, mentre la città di Aleppo in Siria rappresenta il fallimento della comunità internazionale, incapace di fermare un massacro procurato da prevalenti interessi esterni, e la coalizione saudita scarica sullo Yemen bombe di fabbricazione anche italiana, il radunarsi di tanta gente festosa sembra confermare la critica di chi vi intravede un pacifismo alleato dell’indifferenza che dichiara di contrastare. Ma entriamo dentro questa contraddizione. 




Cosa rimane nel primo pomeriggio di questa domenica, quando le delegazioni dei tanti comuni intervenuti cominciano a scendere dalla Rocca d’Assisi con le insegne municipali e gli stendardi sotto il braccio?  Cosa possiamo fare per fermare il macello che si consuma in tanti luoghi poco conosciuti e alimenta un marea di rifugiati bloccati dai muri delle nostre inevitabili paure. Durante la marcia alcuni di loro, neri d’Africa, si affacciano da una struttura di accoglienza di Bastia Umbra, salutano sorridenti, acclamati da questo eterogenea fiumana di persone. Gli capiterà poche volte nella vita. Sembrano dei re tornati in patria. Altri camminano danzando portando striscioni a forma di vele per rappresentare le barche che li hanno portati fin qui. Issano delle scritte di invocazione di pace che sembrano ingenue. Poi ci parli e scopri il passaggio attraverso una strada dolorosa, fatta di torture e prigionia, di morti e di terrore. Non ne parlano volentieri. Sanno forse che non potresti capire. Uno di loro, arrivato ad Assisi, vorrebbe comprare tutte le icone disponibili di Maria ma costano troppo. Poi mi mostra orgoglioso un crocifisso a tau che costa solo un euro Mi dice che durante la sua lunga traversata dalla Costa D’Avorio alle coste italiane ha pregato molto.


In viaggio dalla borgata romana


Il mio viaggio è cominciato, invece, la mattina presto alle 6 da una borgata romana. Le uniche luci accese sono quelle di una sala slot e di un supermercato aperto 24 ore su 24 in un quartiere mangiato dal cemento, dove l’unico punto di aggregazione è la parrocchia intitolata ad un filosofo martire nativo di Nablus in Palestina. Parte da qui il pullman con una piccola compagnia di persone semplici, vecchi e giovani, di diversa professione e condizione, difficilmente classificabili in qualche organizzazione. Hanno desiderio di andare. Preghiera iniziale e poi musica di sottofondo. Mi resta impressa quella di Claudio Baglioni che è una ninna nanna scritta da Trilussa nel 1914, alla vigilia dell’inutile strage con il poeta romano che invitava il “pupo” a dormire per non sentire i lamenti della «gente che scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s'ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro. Chè quer covo d'assassini che c’insanguina la terra sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le Borse».  Il testo è amaro perché termina prevedendo l’ipocrisia dei potenti che torneranno ad abbindolare con parole vane il «popolo frescone risparmiato dal cannone». 

Ma una buona notizia concreta è arrivata alla vigilia della marcia. Nonostante ogni scetticismo, e nel quasi silenzio della stampa che presume di contare, la procura di Brescia ha annunciato di aver aperto l’inchiesta sulle forniture di bombe italiane al regno saudita a seguito dell'esposto presentato dalla Rete italiana disarmo in diverse città italiane a Gennaio 2016. La notizia di possibile reato riguarda la violazione dell'articolo 1 della legge 185/90 che «vieta l'esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato e che violano i diritti umani». La stessa Rete Disarmo aveva chiesto chiarimenti relativamente alla visita di inizio ottobre del ministro della Difesa Roberta Pinotti a Riad, che «secondo fonti di stampa saudita aveva toccato anche aspetti relativi a contratti di fornitura per sistemi navali». La risposta è stata un dichiarazione infastidita espressa in un tweet glaciale: “Ministero pronto a querelare chi diffonde falsità”. 


La forza nuda della coscienza


L’Avvenire diretto da Marco Tarquinio, unico tra i quotidiani nazionali, ha dedicato la prima pagina all’apertura dell’inchiesta, mentre Andrea Sarubbi di Tv2000 si è detto pronto ad ospitare un confronto, finora negato, tra la Pinotti e il portavoce di Rete disarmo, Francesco Vignarca.
Sono segnali importanti per rispondere a quel senso di ineluttabilità e di impotenza che si avverte, anche tra chi marcia per la pace, davanti al prevalere  dell’economia armata sulla politica. Nascosti tra la folla ad Assisi, senza salire sul palco, c’erano anche Elio Pagani e i suoi compagni di lavoro che, negli anni ’80, scelsero di obiettare alla produzione di armi concorrendo con il loro esempio a svegliare molte coscienze e a far approvare la legge 185/90 ora sotto attacco perché il divieto di esportare armamenti nelle zone di conflitto ostacola interessi e nuove strategie geopolitiche da conoscere e mettere in discussione democraticamente. Ora come allora esiste la forza nuda della coscienza che può ribellarsi ad ogni complicità sotto forma di richiamo al realismo.
Assisi si svuota rapidamente ed è un grido di bellezza. Nella notte, torna il pullman nella periferia della Capitale. Le stesse luci nella vigilia di una settimana che ricomincia. Che ci siete andati a fare alla marcia? Centomila persone sono forse di più dei clienti di una giornata della corona dei centri commerciali della metropoli?
Chi ha fatto da guida alla comitiva della borgata,  lavora nel servizio psichiatrico di un grande ospedale romano. Mi saluta con un sorriso che disarma ogni scetticismo. Le radici della coscienza sono profonde e la marcia è solo il tratto di un cammino di chi lotta ogni giorno per un modo più giusto e più umano



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