lunedì 23 gennaio 2017

La nonviolenza non è un pranzo di gala



Il messaggio di papa Francesco sulla nonviolenza come stile di una politica di pace è stato annunciato pubblicamente mentre la città di Aleppo in Siria veniva riconquista dalle truppe di Assad, alleate della Russia. 

Un fatto, quest’ultimo, salutato da molti come una liberazione dal dominio delle forze integraliste prevalenti tra i ribelli. Qui il video della festa nel settore cristano armeno della città.


Per anni parte dei media italiani hanno spinto, invece, ad un intervento più diretto degli Usa e dei suoi alleati contro Assad.


Su quel Paese si è abbattuta la violenza inaudita di una guerra azionata da interessi strategici risalenti ai principali attori internazionali.


Sta di fatto che il messaggio prevalente è quello dell’intervento armato come necessario per ristabilire un ordine di pace e di giustizia, con l’esempio storico della lotta armata necessaria contro Hitler.


La questione della nonviolenza si pone di solito con riferimento alla risposta di coloro che sono oppressi


Era la domanda che agitava la coscienza di Camillo Torres, sacerdote colombiano di ottimi studi universitari a Lovanio in Belgio, fondatore della scuola di sociologia nel suo Paese come strumento non solo di analisi ma di conoscenza per cambiare il mondo.


Davanti allo strazio e allo sfruttamento dei poveri, Camillo decise di imbracciare il fucile rimanendo ucciso nel lontano 1966 il primo giorno della sua militanza guerrigliera. Un percorso che ricorda i racconti della Resistenza.

Una morte prevista e prevedibile come quella di Guevara, nel 1967, esercitando il fascino di una coerenza estrema e definitiva seguita da molti in quegli anni:Il testamento di Camillo Torres è stato messo anche in musica.   


 
La scelta della nonviolenza arriva da chi prova non tanto l’indifferenza e l’assuefazione al male ma uno sdegno profondo e radicale che muove all’azione.




Bisogna porsi quindi seriamente davanti all’opzione della nonviolenza, senza moralismi e omissioni, a partire dalla crudezza della domanda aperta dal terrore esercitato dal fanatismo ossessivo come dal sistema costruito dall’  “economia che uccide”.


Qui un documentario in spagnolo sulla storia di Camillo Torres 


A proposito della scelta di Camillo Torres, circola da tempo questa testimonianza di un suo lungo colloquio notturno avvenuto con Jean Goss e Hildegard Mair, esponenti in prima linea del Movimento internazionale per la riconciliazione (Mir). 


Ecco un video che riprende quel tipo di insegnamento del Mir.  

Un pezzo di storia da ascoltare che registra il punto di vista di questa coppia europea di pacifisti radicali in missione nell’America Latina rovente di quegli anni dove i regimi mettevano in pratica le tecniche di tortura apprese nella “Scuola delle Americhe” di Panama finanziata dai governi statunitensi.



Camillo Torres fu il primo prete dell'avanguardia cristiana che incontrammo in America Latina. Egli era all'epoca cappellano studentesco all'Università statale e insegnava sociologia. Dato che era molto occupato, riuscimmo a fissare un colloquio con lui solo poco prima della nostra partenza.  

Il colloquio, però, riempì una notte intera. 


Camillo srotolò di fronte a noi la totalità delle strutture dell'ingiustizia, dell'oppressione, dello sfruttamento e della dipendenza nella società e nella Chiesa della Colombia e di tutto il continente, mostrandoci i bisogni e le sofferenze del popolo. 

Dichiarò che aveva cercato il dialogo con la classe dirigente e con la gerarchia, ma che era impossibile.


La Colombia aveva una lunga storia di "violencia". Concluse con queste parole: “Non vedeva alla fine nessun'altra possibilità se non quella della rivoluzione”. 


Fummo molto impressionati da questo sacerdote, che lottava per la giustizia con tutte le fibre del suo cuore e della sua volontà

Jean replicò: “Come francese ti comprendo molto bene. La nostra rivoluzione nel nome della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità ha ispirato molti popoli. Ma che cosa si fa, effettivamente, in una rivoluzione, in una guerra? Diciamo apertamente la verità: si uccide!


Anch'io ho combattuto con forza contro Hitler. Chi ho ucciso? Hitler, i dirigenti del partito? No, semplici cittadini tedeschi, che erano costretti a prestare servizio nell'esercito del dittatore

Tu farai lo stesso: ucciderai il popolo, uomini del popolo che, costretti dal bisogno o dal regime, verranno spediti contro la guerriglia, contro di te! 


Camillo, chi dovresti uccidere, se fossi coerente? I tuoi genitori, dato che tu provieni dalla classe alta, poi i tuoi compagni di scuola, che sono diventati dirigenti politici ed economici, generali, vescovi...”. 


Camillo Torres era colpito, taceva. 

Poi proruppe in una domanda bruciante, che proveniva dal profondo della sua coscienza e del suo cuore e che sentimmo ancora molte volte: “Jean, come si può essere fedeli al popolo sofferente ed alla sua liberazione ed, al tempo stesso, al Vangelo dell'amore di Gesù, che rispetta anche i nemici?”.
 

“C'è solo una strada, Camillo: mettere in pratica la radicalità del vangelo, cioè la forza liberatrice della nonviolenza di Dio”. 

Continuammo a parlare fino alle prime ore del mattino su questa forza e sulla sua pratica. “Nessuno ci ha insegnato la nonviolenza di Gesù, né in seminario in Colombia, né all'Università cattolica di Lovanio. Restate qui, lavorate con noi, forse potremo trovare insieme questa strada!”. 


Esitammo, pensammo di avere ancora molto da imparare per un simile compito. Sbagliammo?


Camillo Torres, spinto dalla convinzione di dover attuare rapidamente cambiamenti rivoluzionari, proseguì la sua lotta. I vertici ecclesiastici rifiutarono il dialogo, i suoi collaboratori si staccarono da lui, non ritenevano maturi i tempi.  

Alla fine egli si unì da solo alla guerriglia
Solo poche settimane dopo, il 15 febbraio 1966, fu ucciso dalle forze di pubblica sicurezza. Rimase un modello per molti cristiani impegnati, soprattutto per molti preti. Camillo Torres è rimasto fedele fino all'ultimo alla sua coscienza.  


La teologia dell'uso giustificato della violenza che gli era stata insegnata poteva avere valore per lui solo a fianco degli sfruttati

Dato che non conosceva l'alternativa, egli dovette scegliere con consequenzialità la resistenza armata. La Chiesa, che non insegnava la nonviolenza di Gesù, ha un'enorme responsabilità. Spesso ha spinto i suoi migliori sacerdoti e laici alla lotta armata.

Da “Come i nemici diventano amici” di J. Goss e H. Mayr

    


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