mercoledì 13 settembre 2017

1917 -2017 l'obbedienza dovuta


Domande e risposte dall'Extra di Città Nuova sulla politica della nonviolenza attiva 

Come affermano gli storici, l’invocazione di Benedetto XV del 1917 intesa a fermare l’inutile strage era rivolta ai governanti del tempo senza sciogliere dall’obbedienza verso le autorità legittime i cristiani del tempo, generando gravi conflitti interiori come avvenuto ancor di più durante il fascismo. Oggi l’appello alla coscienza per l’esercizio della nonviolenza non dovrebbe comportare la disobbedienza verso la guerra come quella del 2003 in Iraq, del 2011 in Libia e le prossime avventure possibili in Medio Oriente? L’appello alla nonviolenza non mette in crisi anche la concessione delle basi Usa in Italia direttamente coinvolte con le strategie di guerra nel mondo come i bombardamenti sulla Siria? 

 Risponde così il filosofo  Roberto Mancini 






Oggi la scelta della nonviolenza comporta a mio avviso l’obiezione di coscienza verso le imprese belliche - ipocritamente chiamate “missioni di pace” - sia nel Medio-Oriente che in Afghanistan. 

In ogni caso è un’obiezione contro la prassi dei bombardamenti, dell’attività dell’industria bellica e della politiche di potenza. La scelta della nonviolenza deve contribuire alla rigenerazione dell’ONU e delle istituzioni democratiche internazionali che solo, semmai, avranno l’autorità e la responsabilità di frapporsi tra i carnefici organizzati in milizie e le popolazioni che sono loro vittime. 
La guerra e anche il terrorismo, in realtà, sono vere e proprie “istituzioni” preparate da tanti apporti: tipi di politica, interessi economici, industria bellica, ideologie. 

Affrontare questa complessità subito e solo nei termini della casistica che stabilisce quando si spara e quando no è un approccio astratto e pericoloso; piuttosto bisogna disinnescare e bonificare tutte queste varie cause. La nonviolenza è azione articolata, interposizione, prevenzione, educazione, stile di vita. Ed è intelligenza reale delle situazioni. 

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