Alle
radici di una ostinata resistenza alla guerra
A Iglesias, in Sardegna, si concentra l’azione di un
movimento plurale che si oppone alla produzione di bombe vendute a Paesi come
l’Arabia Saudita che le utilizza nel conflitto in corso nello Yemen.
Si tratta di persone che si espongono fisicamente
dando ragione della propria scelta, in controtendenza con un costume italico
che sembra, come al solito cadere dalle nuvole per poi nascondersi dietro la
necessità di dare comunque lavoro in una terra, come il Sulcis Iglesiente, attraversata da una durissima crisi economica. È
gente fiera che non accetta questo
gemellaggio imposto con la forza e il terrore tra la loro meravigliosa terra e
lo Yemen, uno dei giardini perduti dell’umanità. Non si tratta, tuttavia, di una bella utopia,
che si può sperimentare solo da giovani. Ci sono anche loro, ovviamente ma la
ricchezza di questo movimento dal basso vede, in prima fila, uomini e donne,
con carichi e responsabilità familiari, che conoscono bene il disincanto della
maturità che genera ragionevoli e più solide certezze.
Merita perciò indagare sulle radici profonde di
questa esperienza che esprime il paradigma
contemporaneo di un dilemma antico come il mondo tra l’obbedienza dovuta
alla coscienza o al potere.
Per alcuni questo agire si esprime in continuità con
il percorso di quella generazione di cattolici passati, nel secolo scorso,
attraverso le vicende dell’associazionismo laicale italiano che coincide, da
queste parti, con la vita della famiglia
Guaita. Antonio e Pia, quando si sono sposati erano entrambi presidenti
diocesani della Giac (Gioventù italiana di azione cattolica) e della GF rispettivamente,
con tanto di cerimonia nella cattedrale
di Iglesias che sorge nel quadrilatero centrale della elegante e antichissima
città. Un matrimonio che ha generato quattro figli.
Ho incontrato “zio Nuccio”, come molti lo chiamano
affettuosamente tra gli amici più giovani. Una mente e un cuore lucidi e attivi
che è un piacere ascoltare. Medico
per decenni e poi, come spesso capita fisiologicamente, impegnato politicamente
nella Democrazia Cristiana fino a diventare assessore alla Regione Sardegna. È
una guida morale che interviene
pubblicamente nel dibattito democratico. Da iscritto Cisl, ha inviato una lettera,
rimasta senza risposta, alla Segretaria generale del suo sindacato per chiedere
le ragioni del silenzio dell’organizzazione dei lavoratori davanti
all’incompatibilità morale tra la nobiltà del lavoro e le bombe prodotte dalla
Rwm Italia tra Domusnovas e Iglesias, in una fabbrica che un tempo produceva,
fino al 2001, esplosivi per l’industria mineraria.
La sua analisi è molto chiara: «il problema
RWM-bombe sullo Yemen è politico – ci dice -proprio dei responsabili politici
nazionali innanzitutto e della Regione Sardegna, per avere disatteso il
“ripudio della guerra” di cui alla Costituzione italiana, alla Legge 185/90 e
al divieto, di intesa internazionale, di fornire armi agli stati belligeranti.
Non si può però mettere in pericolo l’attività della fabbrica e l’occupazione
operaia senza predisporre l’ organizzazione di riconversione della fabbrica
stessa, d’intesa con l’imprenditoria e i sindacati, per garantire la continuità
stessa del lavoro. Spetta al Governo, di intesa con la Regione, la risoluzione
di questa grave situazione(bombe che esplodono in Yemen, fabbricate in Italia,
Sardegna!) che è derivata dalle decisioni assunte nelle sedi politiche. Una
riparazione insieme politica e morale, ma urgente».
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