martedì 9 aprile 2019

Demografia e paura da invasione



Avete mai sentito parlare del piano Kalergi? L’accesso al mondo di internet è una manna per chi coltiva una passione per le cospirazioni segrete, come questo progetto che prende il nome da Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972) aristocratico pensatore austriaco, ma di madre giapponese, che avrebbe teorizzato, con l’istituzione dell’associazione Unione paneuropea la progressiva “sostituzione etnica” dell’Europa tramite una immigrazione di massa dall’Africa e dall’Asia. Un progetto funzionale agli interessi delle elites finanziarie internazionali. 





La sostituzione etnica 


La tesi è ormai ripetuta nel dibattito politico e appare verosimile ogni volta che qualcuno ripete il mantra sulla necessità di agevolare l’introduzione di popolazione straniera per coprire i posti di lavoro lasciati liberi dagli italiani, poco inclini a procreare o svolgere mansioni di fatica. Ogni anno l’Istat conferma il costante progressivo calo delle nascite con un tasso di fecondità di 1.32 figli a donna. Ne basterebbero 2, come si intuisce, per andare in pareggio e, invece, il numero di morti è ormai da tempo superiore alle nascite.

A livello europeo la fondazione Robert Schuman, che prende il nome da uno dei padri della comunità europea,  ha steso un rapporto dal titolo inquietante (“Europa 2050:Suicidio demografico”) prevedendo per metà del secolo la perdita di 49 milioni di persone in età lavorativa nel “vecchio continente” a fronte della crescita di popolazione africana di un miliardo e 300 milioni persone. Leggendo tali numeri si comprende il senso incombente dell’invasione alimentata da certa propaganda anche se la realtà dei fatti è differente dalla sua percezione. Non certo in alcune periferie dove la mescolanza di popolazione è cosa di ogni giorno, come sa chi prende un autobus a Roma sulla via Tiburtina. 


Ordine mondiale in scomposizione 


Il senso della “paura” e del “rancore”, come della “cattiveria”, riportati nei rapporti del Censis è presente e amplificato sui social dove si perde la pietà per le vittime dei naufragi, perfino per donne e bambini. In generale si avvertono intuitivamente i “segnali di scomposizione dell’ordine mondiale” come li descrive l’Ispi (L’ Istituto per gli studi di politica internazionale), tanto che anche in ambito del conservatorismo religioso vengono sostenute, oltre a derive settarie, tesi, come quella chiamata “opzione Benedetto”, sull’urgenza di salvare un piccolo resto capace di ricominciare da zero, dopo il crollo degli attuali equilibri.  



La demografia è una scienza complessa con tesi molto diverse tra loro. Il fascismo ne fece uno strumento per incidere sulla vita degli italiani, così come avvenne con l’urbanistica per le città, provocando uno scontro tra due massimi studiosi del tempo, Corrado Gini e Livio Livi, a proposito degli interventi necessari per dare più figli ad una “stirpe” destinata a dominare il mondo. Nonostante gli incentivi alle famiglie e la tassa sul celibato, i numeri dicono che i risultati furono deludenti per poi precipitare nell’abisso del secondo conflitto mondiale. Oggi assistiamo al conflitto tra la tesi dell’attuale presidente dell’Istat Tito Boeri sull’equilibrio futuro delle pensioni assicurate dai contributi dei migranti e la diversa ricostruzione di Giancarlo Blangiardo, sul peso insostenibile dei trattamenti maturati dai lavoratori stranieri, per lo più, a basso reddito. 




La farsa umanitaria 


Il demografo, nuovo presidente dell’Istituto di statistica, è uno studioso autorevole ed è perciò significativo che abbia scritto con Gianadrea Gaiani e Giuseppe Valditara un testo dal titolo “immigrazione come farsa umanitaria” che sostiene la necessità di fermare e selezionare i flussi di ingresso degli stranieri nel nostro Paese, dato che quelli presenti sono “equivalenti alla popolazione della intera Danimarca”. Insomma la percezione della bassa natalità italica si associa inevitabilmente con la previsione dello tsunami demografico africano. Il centro studi Machiavelli, di estrazione leghista, propone, oltre al rimpatrio per i migranti economici irregolari, la creazione, a spese dei Paesi ricchi e delle organizzazioni internazionali, di vere e proprie “città-sviluppo” per i rifugiati da collocare in posti sicuri ma non lontani dai luoghi di conflitto. La tendenza a fermare i migranti lontani dai nostri confini trova conferma con l’accordo europeo vigente con la Turchia per bloccare il corridoio balcanico dei profughi siriani, i rapporti con le fazioni libiche per i campi di detenzione per migranti, al centro di accuse per gravi violazioni dei diritti umani, e la trattativa con il Niger, strategico nodo dei flussi migratori dall’Africa, che, secondo, la denuncia di alcune serie organizzazioni umanitarie, avrebbe compreso grosse forniture di armi.

Ma quanto possono reggere questi discutibili freni davanti alla pressione del giovane continente con un’età media bassissima?




Guardare oltre 


Tutte le conseguenze descritte nascono dall’idea di una previsione negativa del futuro, come una profezia che si auto avvera. È, invece, possibile proporre una diversa prospettiva che crede possibile invertire il declino non solo demografico. Secondo Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano, occorre investire per avere risultati coerenti. Come è avvenuto in Trentino Alto Adige con interventi strutturali di attenzione alle famiglie che decidono di avere figli. Non siamo sulla luna ma parliamo di un sistema assai diverso dal resto d’Italia  per assicurare un lavoro degno e l’abitazione per i giovani, senza penalizzare l’occupazione femminile.

Un capovolgimento di prospettiva senza il quale, al posto di una giusta integrazione, lontana da ogni minaccia di invasione, si è destinati alla pericolosa deriva autoritaria. Serve, insomma, a poco porsi il problema della denatalità senza  intaccare le diseguaglianze crescenti, le rendite di posizione e la competizione eretta a sistema. Tutte condizioni che alimentano il mercato della paura come quello indotto dalle apocalittiche previsioni di boom demografico degli anni 60 che hanno giustificato anche disumane politiche antinataliste in diversi Paesi. Passando dalla teoria alla realtà, accade ad esempio che, in Italia,  proprio nei luoghi più difficili come le filiere della logistica o dell’agroalimentare, si sperimenti l’unità tra lavoratori italiani e stranieri nel difendere condizioni minime di dignità umana. E così la profezia dell’ecologia integrale proposta da papa Francesco può liberare da visioni di sventura a partire dalla percezione che “tutto è connesso”. Si può parlare di famiglia, figli e crescita demografica senza considerare l’urgenza di affrontare i conflitti ambientali, come fanno la madri in veneto per difendere i figli dall’inquinamento da Pfas? Oppure ignorando le politiche di distruzione della foresta amazzonica, polmone della nostra casa comune? Ci attende davvero un cambiamento di epoca.      




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