Guerra inutile
strage?
Il famoso grido inascoltato lanciato da Benedetto XV nel pieno del mattatoio del primo conflitto mondiale era rivolto ai governanti dei Paesi coinvolti in quella lotta fratricida tra popoli ancora prevalentemente cristiani.
Il famoso grido inascoltato lanciato da Benedetto XV nel pieno del mattatoio del primo conflitto mondiale era rivolto ai governanti dei Paesi coinvolti in quella lotta fratricida tra popoli ancora prevalentemente cristiani.
Dovevano ascoltarlo i potenti, non i soldati e le loro famiglie che
dovevano restare sottomessi all’obbedienza verso l’autorità legittime. Lo ha affermato, con evidente cognizione storica,
l’attuale ministro della Difesa Roberta Pinotti in un recente convegno della
Fondazione Donat Cattin.
Come è noto, all’epoca, nello stesso comando del
generale Luigi Cadorna operavano religiosi autorevoli come il padre barnabita Giovani
Semeria e, dopo, il francescano nonché ufficiale medico Agostino Gemelli che
giungerà a coniugare il culto del Sacro Cuore con l’onore del sangue versato
per l’onore della Patria.
Cadorna, il miglior stratega militare del tempo, era
l’autore della famosa direttiva del 1915 che avvisava ogni soldato ad essere
«certo di trovare, all’occorrenza, nel superiore il fratello o il padre, ma
deve anche essere convinto che il superiore ha il sacro potere di passare
immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi».
Una recente
proposta di legge presentata in Parlamento per chiedere perdono e riconoscere
la dignità a migliaia di giovani contadini, operai e impiegati fucilati
ingiustamente con tali metodi, compreso la decimazione a sorteggio, è stata
approvata all’unanimità alla Camera ma resta bloccata al Senato perché
considerata pericolosa del principio di ordine costituito.
Se come dice Lucio
Caracciolo, le guerre attuali sono l’effetto dello sfaldamento degli Imperi
provocato nella Grade Guerra terminata formalmente nel 1918, anche le fratture
della coscienza collettiva sono ancora aperte se solo si pensa all’adesione di
massa avutasi in Italia a partire dalle prime imprese coloniali fino al secondo
conflitto mondiale combattuto agli ordini del fascismo.
Con la lettera ai cappellani militari del 1965 di don Lorenzo
Milani che si è posta in maniera pubblica e aperta una rivisitazione della
storia patria all’insegna della delegittimazione di ogni tipo di
giustificazione della guerra invitando ad «avere il coraggio di dire ai giovani
che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma
la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né
davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico
responsabile di tutto».
Affermazioni
destinate a bruciare come un fuoco interiore e tali da continuare a provocare
scandalo e divisione, ma una tale nitidezza arriva oggi dalla sede di Pietro
con papa Francesco che fa esplicito riferimento a Mazzolari e Milani e che,
quando si è recato negli Stati Uniti, ha additato quali figure esemplari da
seguire Thomas Merton e Dorothy Day, due esponenti dell’opposizione radicale
alla guerra. La devozione alla salvezza proveniente dalla bomba atomica,
secondo lo scrittore e frate trappista Merton, rappresenta l’idolo ateistico dell’era post cristiana.
Lo stesso papa ha infatti invitato a lottare per la giustizia sociale come un’esigenza di fraternità. È ciò che ha fatto in Italia Giorgio La Pira che occupava fabbriche e prefetture per salvare il lavoro degli operai e invitava a considerare questo nostro tempo come “crinale apocalittico della storia” perché, come andò a dire nella Russia sovietica , «siamo davanti o alla distruzione apocalittica della terra e del mondo o all’ edificazione millenaria -apocalittica anch'essa - della pace: altra alternativa non c'è».
Una visione
profetica per alcuni, folle e pericolosa per altri, ma resta aperta la domanda:
ancora oggi le invocazioni contro la guerra sono rivolte solo a reggitori del
mondo? Oppure fanno appello, a prescindere dal fatto di indossare una divisa,alla
coscienza di ognuno?
Cerchiamo allora di far calare il discorso astratto in un caso che neanche dovrebbe porsi
per una repubblica che afferma di “ripudiare la guerra”: nel nostro Paese
un’azienda tedesca fabbrica e invia delle bombe all’Arabia Saudita, nazione
alla guida di una coalizione impegnata in un conflitto dimenticato come quello
in corso nello Yemen dove sono migliaia le vittime civili, senza risparmiare
scuole e ospedali, con milioni di profughi. Il governo italiano afferma che va
tutto bene, l’Arabia Saudita è un alleato di ferro degli Stati Uniti che le hanno venduto, come riporta Alberto Negri su
Il Sole 24 ore, «100 miliardi di dollari in armamenti negli ultimi 5 anni».
Come riporta Francesca Caferri su Repubblica citando il New York Times, il primo viaggio all'estero di Trump, a maggio 2017, avviene in Arabia Saudita avviene per siglare accordi commeciali miliardari, in particolare nel settore degli armamenti con altri 100 miliardi di dollari che interessano un gruppo di aziende guidate dalla Lockheed Martin.
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