La
sfida aperta nel cuore della modernità
L’irriducibile contrasto tra la visione
del teologo Romano Guardini e una modernità impregnata dal pensiero pervasivo
di Nietzsche. Dialogo aperto con Massimo Borghesi, professore di filosofia
morale all’università di Perugia, autore del testo, edito dalla Jaca Book,
“Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale”. Un viaggio tra nazismo, peronismo,
teologia del popolo e globalizzazione dell’indifferenza.
A cura di Carlo Cefaloni (Extra Città Nuova 2018)
«Bergoglio è portatore di un pensiero
originale, dipendente da una tradizione del pensiero “cattolico” tra ‘800 e
‘900, quella di Adam Möhler, Erich Przywara, Romano Guardini, Gaston Fessard,
Henri de Lubac». Il lavoro del professor Massimo Borghesi ha scavato in
profondità per ricostruire una biografia intellettuale del papa “venuto dalla
fine del mondo” e perciò portatore di una prospettiva originale che può
sfuggire o essere fraintesa per vari motivi. Il testo del professore di
filosofia morale all’università di Perugia è denso di riferimenti e
collegamenti confermati dal confronto avuto con lo stesso papa Francesco. In questo Extra ne affrontiamo solo alcuni
partendo dall’intervista pubblicata sulla rivista Città Nuova incentrata sul
forte interesse rivolto dal futuro papa verso il pensiero di Romano Guardini,
teologo italo tedesco, titolare della cattedra di “Filosofia della religione e
visione cattolica del mondo” presso l’università di Berlino nel 1923.
Siamo partiti dal confronto tra Guardini
e un fenomeno poco conosciuto, almeno in Italia, e cioè il “movimento giovanile tedesco” che
segnò la società del mondo germanico ad inizio del secolo
scorso, a cavallo della prima guerra mondiale. Un fenomeno diffuso che
esprimeva la ribellione contro le gerarchie borghesi e il dominio della
tecnica, a favore di un ritorno alla natura e alla comunità di appartenenza.
Alle venature panteistiche, che si ritroveranno in parte dentro il nazismo, si
associavano, manifestazioni le più originali, come quei circoli
intellettuali elitari che praticavano il nudismo ad Ascona in Svizzera, in nome
di un preteso ritorno all’ innocenza originaria della natura, degradata dalla
tecnica.
Il teologo Guardini rispose a tale
istanza, presente nel mondo tedesco, guidando l’esperienza
giovanile dei“Quickborn” (Fonte
viva) con la pratica di campeggi, studi e convivenze assieme alla riscoperta
del senso più profondo dei gesti della liturgia. Quella esperienza
getterà il seme di una interiore resistenza all’ideologia totalitaria
nazionalsocialista.
Nell’analisi del professor Borghesi
emerge l’influsso, dominante nella cultura contemporanea, da parte della
visione di Friedrich Wilhelm Nietzsche imperniata
nella lotta tra la supremazia dell’apollineo (la perfezione della tecnica) sul
dionisiaco (l’impeto della natura) e viceversa.
Contrapposizione che Guardini risolve ( nel testo centrale
de “L’antropologia polare”) nel senso del mantenimento del giusto
equilibrio senza prevalenza dell’uno sull’altro. A queste riflessioni sulla “dialettica
polare” attinge, secondo Borghesi, l’enciclica Laudato Si che ha al centro la questione del potere nella
tensione dinamica che non può risolversi in un certo
ecologismo, che fa a meno dell’uomo, o nella tecnocrazia che non riconosce
alcun limite.
Arriviamo
così ad una domanda sul nostro tempo. Se il potere si manifesta in maniera
sempre più intollerabile, come devono rispondere i cristiani? Perché i
credenti, al tempo del nazismo, non giunsero ad una disobbedienza di massa
verso un totalitarismo così disumano?
C’è da dire che prevalentemente i
cattolici tedeschi non espressero un consenso di massa come avvenne per le
chiese protestanti, ad eccezione di quella confessante di Bonhoeffer e Barth,
perché queste ultime risentono
del pensiero legittimista in base al quale il potere viene sempre da Dio. Ma, al
di là del dissenso interiore, non era concepibile una rivolta neanche da
parte dei cattolici, quando, a
partire dal 1935, i giochi erano
ormai fatti con la dissoluzione del sistema parlamentare e la liquidazione del
partito (Zentrum) che li rappresentava. Guardini, profondamente avverso al
nazismo, scrisse in quel tempo un’opera centrale come “Il Signore” proprio per
contestare il neopaganesimo incarnato dal Fuhrer. Si misurò con la poetica di Friedrich Hölderlin,
il cui neopaganesimo affascinava l'immaginario romantico
nazionalsocialista.
Una
lotta intellettuale radicata nei fondamenti del pensiero…
Guardini ingaggiò un vero e proprio confronto con il pensiero di Nietzsche. A
partire da alcuni saggi fondamentali degli anni ’30, dove affermò che
“L’essenza del cristianesimo” (titolo di uno di questi testi) non è un insieme
di valori ma Cristo stesso. In contrasto diretto con l’ideologia di quei
battezzati (Deutsche Christen) che
aderirono al nazionalsocialismo a partire dalla riduzione del loro credo ad una
somma di valori. Secondo Guardini, i valori cristiani staccati da Cristo non rappresentano il cristianesimo ma
producono qualcosa di profondamente diverso. Sono saggi determinanti nei quali
il teologo distingue tra esperienza religiosa e fede. Il nazismo è, infatti, un
fenomeno mistico che richiede un’adesione religiosa. Anche Pio XI scrisse
l’enciclica contro il nazismo usando, per
comprenderlo, una categoria religiosa. Definisce i nazisti come
“pagani”. L’esperienza religiosa appartiene, secondo Guardini, alla dimensione
naturale dell’essere umano che non è mai pura ma tende ad essere idolatrica,
mentre la fede nasce dalla rivelazione del Dio fatto uomo ed è
soprannaturale.
Come
riuscì Guardini ad evitare la persecuzione nazista?
Le sue lezioni erano seguite dalla
Gestapo e fu tollerato fino al 1939, anno in cui la sua cattedra venne
soppressa e il castello di Rothenfels, sede dei Quickborn, confiscato.
Quando scoppia il conflitto mondiale Guardini raggiunge Josef
Weiger, un amico parroco nel villaggio di Mooshausen, continuando nella
sua opera che ha rappresentato, non solo per i cattolici, il sostegno alla resistenza morale al
nazismo. Nel 1943 scrive “La morte di Socrate”, un chiaro riferimento a colui che
rappresenta l’esatto contrario di Nietzsche.
Mentre
il mondo correva sul filo di un conflitto rovinoso e apocalittico restava in
piedi, quindi, un confronto titanico con questo filosofo tedesco che resta un
punto di riferimento seducente nel nostro tempo…
Rappresenta lo spartiacque decisivo per
comprendere il presente.
Ma
questa “tensione polare” tra natura e tecnica è dinamica perché chiama ad
essere vissuta dentro la storia. Francesco invita a lottare contro il potere
disumano a partire dall’amore fraterno…
Papa Bergoglio proviene da un continente
dove ha visto le conseguenze devastanti della “globalizzazione
dell’indifferenza”. Nella Conferenza dell’episcopato latinoamericano di
Aparecida del 2007, guidata dall’allora vescovo di Buenos Aires,
emerge l’analisi del sistema iniquo che si è imposto negli ultimi 30
anni. Un modello che produce fratture insanabili e quindi le guerre.
Tutta la tensione verso l’unità che si respirava alla fine della seconda guerra
mondiale, pur in un mondo diviso in blocchi, si sta sfaldando sotto i colpi di
un sistema competitivo feroce che recide ogni legame. Tale lucida
consapevolezza viene travisata da coloro che liquidano gli interventi del papa
come espressione di demagogia e populismo.
L’accusa
più usuale verso Bergoglio è quello di essere un peronista, cioè di esercitare
un generico ribellismo contraddittorio, anche se in Europa pochi sanno cosa
vuol dire peronismo…
C’è molta ignoranza e malafede. Il
movimento che si rifà al presidente argentino Peron ha avuto in quel Paese
un lato positivo e uno negativo. Nel 1943-1946 il peronismo è il primo movimento popolare in Argentina che rompe l’egemonia dei
precedenti governi liberali, espressione degli interessi delle elites economiche. Peron, insieme con la moglie Evita, parlano al popolo e attuano quelle
riforme sociali che verranno introdotte da noi nel dopoguerra. Molto presto,
nel 1953, quel tipo di governo prende una piega sbagliata che comincia con la pretesa di imporre la nomina dei
vescovi di quella stessa Chiesa cattolica che, in gran parte, lo aveva
appoggiato. Si arriva poi all’episodio del 1955 quando aerei da caccia
governativi con la scritta “Cristo vince” bombardano, in Plaza de Mayo a
Buenos Aires, una grande manifestazione sindacale provocando centinaia
di vittime. Come Bergoglio ha affermato
nei colloqui con il rabbino Skorka, il fatto positivo delle riforme
sociali peroniste fu offuscato dall’assolutismo del regime fino a
quell’orribile bombardamento che manifesta, tra l’altro, una precisa teologia
politica di strumentalizzazione della Chiesa ai fini di potere. Una critica
laica, quella di Bergoglio, verso il tentativo di sacralizzazione del
potere, ribadita con forza negli anni ’70 quando era responsabile
della pastorale università a Buenos Aires.
Anni
caldissimi e violenti…
A quel tempo i peronisti erano in lotta
tra di loro, divisi tra l'ala radicale e quella più moderata. Bergoglio aderì alla “Guardia di Ferro”,
formazione mediana che espresse la contrarietà più assoluta verso la
pratica di una lotta armata destinata ad alimentare una spirale di
violenza senza fine.
È in
questo ambito che maturò la “teologia del popolo”?
La teologia del popolo è la risposta
argentina alla teologia della liberazione. Bisogna far riferimento agli scritti
di Lucio Gera che è il padre di questo filone teologico che salva l’approccio
della teologia della liberazione verso i poveri rifiutando, però, il
metodo marxista e la prassi violenta.
La teologia del pueblo valorizza l’autentica religiosità
popolare, ignorata invece dagli intellettuali, senza dimenticare una
critica radicale alle strutture di ingiustizia
Oltre a
questo approccio, in cosa si differenzia dalla Teologia della liberazione?
Dal ripudio del “primato della prassi”
in cui consiste l’approccio marxista. La prospettiva argentina parte dai poveri
dandogli centralità mentre in molta speculazione teologica di quegli anni,
compresa l’opera fondativa di Gustavo Gutierrez, ci troviamo davanti alla citazione intellettuale, ideologica, derivata
dagli autori tedeschi di riferimento.
Restando
agli autori tedeschi, si può dire qualcosa del confronto eventuale tra Guardini
e Marx?
Non si può dire che esista un confronto
tra i due anche perché il fondatore del comunismo scompare dall’orizzonte
filosofico tedesco dopo la repressione spartachista, il regime nazista, il superamento della dottrina marxista ad opera dei
socialdemocratici di Berlino Ovest nel secondo dopoguerra. Il vero
confronto di Guardini è con Nietzsche che apparentemente scompare nel
1945 assieme a tutti gli autori della destra europea per ricomparire,
paradossalmente, nel 1968.
Che
c’entra il ’68?
Quel movimento di rivolta ha favorito,
da sinistra, la riabilitazione degli “autori maledetti” della destra radicale
attraverso una rilettura che non poteva avvenire ovviamente in Paesi come la
Germania e l’Italia, che avevano perso la guerra, ma in Francia, dove il
filosofo del nichilismo è stato ripulito dal lavoro di autori come Foucault e
Derrida che lo hanno ripresentato come espressione della rivolta contro
la metafisica e l’ordine occidentale. È stata messa in soffitta tutta la
costruzione inquietante della “volontà di potenza” per dare spazio alla
suggestione dionisiaca di un pensiero capace di destrutturare il soggetto
dell’età moderna. Mirate ricostruzioni
storiche hanno voluto attribuire alle correzioni indebite della sorella di Nietzsche le espressioni più
violente del testo (la volontà di potenza, appunto), quelle che hanno ispirato
il nazismo. In realtà il testo originario era molto più violento e delirante
Perché
questo passaggio dalla Francia?
Perché il nostro ’68, avvenuto in un
Paese con il più forte partito comunista d’Occidente, è stato un fenomeno
diverso da quello avvenuto Oltralpe dove
abbiamo assistito alla riedizione del surrealismo, una corrente di
pensiero assente in Italia ma che nella Francia negli anni ’30 operò una
miscela tra Marx, Freud, Nietzsche e il marchese De Sade producendo un
irrazionalismo elitario intento a distruggere la ragione, l’io, la morale, il
cristianesimo per far prevalere la
potenza di Dionisio, l’eros. Il 68 francese rappresenta l’eros che
prende il potere. L’intenzione è la distruzione di un ordine capitalistico borghese (e cristiano) fondato sulla tecnica.
L’immaginazione al potere, questa
riedizione del surrealismo conduce alla rivalutazione di De Sade per un
eros non più legato ad alcun limite. E'
quanto afferma Foucault, portatore di un
pensiero determinato dalla visione di Nietzsche, intento a demolire
il concetto stesso di natura e a vanificare ogni distinzione possibile tra bene
e male.
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