venerdì 28 febbraio 2020

Francesco, Guardini e il potere


La sfida aperta nel cuore della modernità
L’irriducibile contrasto tra la visione del teologo Romano Guardini e una modernità impregnata dal pensiero pervasivo di Nietzsche. Dialogo aperto con Massimo Borghesi, professore di filosofia morale all’università di Perugia, autore del testo, edito dalla Jaca Book, “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale”. Un viaggio tra nazismo, peronismo, teologia del popolo e globalizzazione dell’indifferenza.
A cura di Carlo Cefaloni (Extra Città Nuova 2018)


«Bergoglio è portatore di un pensiero originale, dipendente da una tradizione del pensiero “cattolico” tra ‘800 e ‘900, quella di Adam Möhler, Erich Przywara, Romano Guardini, Gaston Fessard, Henri de Lubac». Il lavoro del professor Massimo Borghesi ha scavato in profondità per ricostruire una biografia intellettuale del papa “venuto dalla fine del mondo” e perciò portatore di una prospettiva originale che può sfuggire o essere fraintesa per vari motivi. Il testo del professore di filosofia morale all’università di Perugia è denso di riferimenti e collegamenti confermati dal confronto avuto con lo stesso papa Francesco. In questo Extra ne affrontiamo solo alcuni partendo dall’intervista pubblicata sulla rivista Città Nuova incentrata sul forte interesse rivolto dal futuro papa verso il pensiero di Romano Guardini, teologo italo tedesco, titolare della cattedra di “Filosofia della religione e visione cattolica del mondo” presso l’università di Berlino nel 1923.
Siamo partiti dal confronto tra Guardini e un fenomeno poco conosciuto, almeno in Italia, e cioè il “movimento giovanile tedesco” che segnò  la società del mondo germanico ad inizio del secolo scorso, a cavallo della prima guerra mondiale. Un fenomeno diffuso che esprimeva la ribellione contro le gerarchie borghesi e il dominio della tecnica, a favore di un ritorno alla natura e alla comunità di appartenenza. Alle venature panteistiche, che si ritroveranno in parte dentro il nazismo, si associavano, manifestazioni le più originali, come quei circoli intellettuali elitari che praticavano il nudismo ad Ascona in Svizzera, in nome di un preteso ritorno all’ innocenza originaria della natura, degradata dalla tecnica.
Il teologo Guardini rispose a tale istanza, presente nel mondo tedesco,  guidando  l’esperienza giovanile dei“Quickborn” (Fonte viva) con la pratica di campeggi, studi e convivenze assieme alla riscoperta del senso  più profondo dei gesti della liturgia. Quella esperienza getterà il seme di una interiore resistenza all’ideologia totalitaria nazionalsocialista.


Nell’analisi del professor Borghesi emerge l’influsso, dominante nella cultura contemporanea, da parte della visione di Friedrich Wilhelm Nietzsche  imperniata nella lotta tra la supremazia dell’apollineo (la perfezione della tecnica) sul dionisiaco (l’impeto della natura) viceversa. Contrapposizione che  Guardini risolve ( nel testo centrale de  “L’antropologia polare”) nel senso del mantenimento del giusto equilibrio senza prevalenza dell’uno sull’altro. A queste riflessioni sulla “dialettica polare” attinge, secondo Borghesi, l’enciclica Laudato Si che ha al centro la questione del potere nella tensione dinamica che non può risolversi in un certo ecologismo, che fa a meno dell’uomo, o nella tecnocrazia che non riconosce alcun limite.
Arriviamo così ad una domanda sul nostro tempo. Se il potere si manifesta in maniera sempre più intollerabile, come devono rispondere i cristiani? Perché i credenti, al tempo del nazismo, non giunsero ad una disobbedienza di massa verso un totalitarismo così disumano?
C’è da dire che prevalentemente i cattolici tedeschi non espressero un consenso di massa come avvenne per le chiese protestanti, ad eccezione di quella confessante di Bonhoeffer e Barth, perché  queste ultime risentono del pensiero legittimista in base al quale il potere viene sempre da Dio. Ma, al di là del dissenso interiore, non era concepibile una rivolta neanche da parte dei cattolici, quando, a partire dal 1935, i giochi erano ormai fatti con la dissoluzione del sistema parlamentare e la liquidazione del partito (Zentrum) che li rappresentava. Guardini, profondamente avverso al nazismo, scrisse in quel tempo un’opera centrale come “Il Signore” proprio per contestare il neopaganesimo incarnato dal Fuhrer.  Si misurò con la poetica di Friedrich Hölderlin, il cui neopaganesimo affascinava l'immaginario romantico nazionalsocialista.
Una lotta intellettuale radicata nei fondamenti del pensiero…
Guardini ingaggiò un vero e proprio confronto con il pensiero di Nietzsche. A partire da alcuni saggi fondamentali degli anni ’30, dove affermò che “L’essenza del cristianesimo” (titolo di uno di questi testi) non è un insieme di valori ma Cristo stesso. In contrasto diretto con l’ideologia di quei battezzati (Deutsche Christen) che aderirono al nazionalsocialismo a partire dalla riduzione del loro credo ad una somma di valori. Secondo Guardini, i valori cristiani staccati da Cristo non rappresentano il cristianesimo ma producono qualcosa di profondamente diverso. Sono saggi determinanti nei quali il teologo distingue tra esperienza religiosa e fede. Il nazismo è, infatti, un fenomeno mistico che richiede un’adesione religiosa. Anche Pio XI scrisse l’enciclica contro il nazismo usando, per comprenderlo, una categoria religiosa. Definisce i nazisti come “pagani”. L’esperienza religiosa appartiene, secondo Guardini, alla dimensione naturale dell’essere umano che non è mai pura ma tende ad essere idolatrica, mentre la fede nasce dalla rivelazione del Dio fatto uomo ed è soprannaturale.   
Come riuscì Guardini ad evitare la persecuzione nazista?
Le sue lezioni erano seguite dalla Gestapo e fu tollerato fino al 1939, anno in cui la sua cattedra venne soppressa e il castello di Rothenfels, sede dei Quickborn, confiscato. Quando scoppia il conflitto mondiale Guardini raggiunge Josef Weiger, un amico parroco nel villaggio di Mooshausen, continuando nella sua opera che ha rappresentato, non solo per i cattolici, il sostegno alla resistenza morale al nazismo.  Nel 1943 scrive “La morte di Socrate”, un chiaro riferimento a colui che rappresenta l’esatto contrario di Nietzsche.
Mentre il mondo correva sul filo di un conflitto rovinoso e apocalittico restava in piedi, quindi, un confronto titanico con questo filosofo tedesco che resta un punto di riferimento seducente nel nostro tempo…
Rappresenta lo spartiacque decisivo per comprendere il presente.
Ma questa “tensione polare” tra natura e tecnica è dinamica perché chiama ad essere vissuta dentro la storia. Francesco invita a lottare contro il potere disumano a partire dall’amore fraterno…
Papa Bergoglio proviene da un continente dove ha visto le conseguenze devastanti della “globalizzazione dell’indifferenza”. Nella Conferenza dell’episcopato latinoamericano di Aparecida del 2007,  guidata dall’allora vescovo di Buenos Aires, emerge l’analisi del  sistema iniquo che si è imposto negli ultimi 30 anni.  Un modello che produce fratture insanabili e quindi le guerre. Tutta la tensione verso l’unità che si respirava alla fine della seconda guerra mondiale, pur in un mondo diviso in blocchi, si sta sfaldando sotto i colpi di un sistema competitivo feroce che recide ogni legame. Tale lucida consapevolezza viene travisata da coloro che liquidano gli interventi del papa come espressione di demagogia e populismo.
L’accusa più usuale verso Bergoglio è quello di essere un peronista, cioè di esercitare un generico ribellismo contraddittorio, anche se in Europa pochi sanno cosa vuol dire peronismo…
C’è molta ignoranza e malafede. Il movimento che si rifà al presidente argentino Peron ha avuto in quel Paese un lato positivo e uno negativo. Nel 1943-1946 il peronismo è il primo movimento popolare in Argentina che rompe l’egemonia dei precedenti governi liberali, espressione degli  interessi delle elites  economiche. Peron, insieme con la moglie Evita, parlano al popolo e attuano quelle riforme sociali che verranno introdotte da noi nel dopoguerra. Molto presto, nel 1953, quel tipo di governo prende una piega sbagliata che comincia con la pretesa di imporre la nomina dei vescovi di quella stessa Chiesa cattolica che, in gran parte, lo aveva appoggiato. Si arriva poi all’episodio del 1955 quando aerei da caccia governativi con la scritta “Cristo vince” bombardano, in Plaza de Mayo  a Buenos Aires, una grande manifestazione sindacale provocando centinaia di vittime. Come Bergoglio ha affermato nei colloqui con il rabbino Skorka, il fatto positivo delle riforme sociali peroniste fu offuscato dall’assolutismo del regime  fino a quell’orribile bombardamento che manifesta, tra l’altro, una precisa teologia politica di strumentalizzazione della Chiesa ai fini di potere. Una critica laica, quella di Bergoglio, verso il tentativo di sacralizzazione del potere, ribadita con forza negli anni  ’70 quando era responsabile della pastorale università a Buenos Aires.  
Anni caldissimi e violenti…
A quel tempo i peronisti erano in lotta tra di loro, divisi tra l'ala radicale e quella più moderata.  Bergoglio aderì alla “Guardia di Ferro”, formazione mediana che espresse la contrarietà più assoluta verso la pratica di una lotta armata destinata ad alimentare una spirale di violenza senza fine.
È in questo ambito che maturò la “teologia del popolo”?
La teologia del popolo è la risposta argentina alla teologia della liberazione. Bisogna far riferimento agli scritti di Lucio Gera che è il padre di questo filone teologico che salva l’approccio della teologia della liberazione verso i poveri rifiutando, però, il metodo marxista e la prassi violenta.  La teologia del pueblo valorizza l’autentica religiosità popolare, ignorata invece dagli intellettuali, senza dimenticare una critica radicale alle strutture di ingiustizia
Oltre a questo approccio, in cosa si differenzia dalla Teologia della liberazione?
Dal ripudio del “primato della prassi” in cui consiste l’approccio marxista. La prospettiva argentina parte dai poveri dandogli centralità mentre in molta speculazione teologica di quegli anni, compresa l’opera fondativa di Gustavo Gutierrez, ci troviamo davanti alla citazione intellettuale, ideologica, derivata dagli autori tedeschi di riferimento.
Restando agli autori tedeschi, si può dire qualcosa del confronto eventuale tra Guardini e Marx?
Non si può dire che esista un confronto tra i due anche perché il fondatore del comunismo scompare dall’orizzonte filosofico tedesco dopo la repressione spartachista, il regime nazista, il superamento della dottrina marxista ad opera dei socialdemocratici di Berlino Ovest nel secondo dopoguerra. Il vero confronto di Guardini è con Nietzsche che apparentemente scompare nel 1945 assieme a tutti gli autori della destra europea per ricomparire, paradossalmente, nel 1968.
Che c’entra il ’68?
Quel movimento di rivolta ha favorito, da sinistra, la riabilitazione degli “autori maledetti” della destra radicale attraverso una rilettura che non poteva avvenire ovviamente in Paesi come la Germania e l’Italia, che avevano perso la guerra, ma in Francia, dove il filosofo del nichilismo è stato ripulito dal lavoro di autori come Foucault e Derrida che lo hanno ripresentato come espressione della rivolta contro la metafisica e l’ordine occidentale. È stata messa in soffitta tutta la costruzione inquietante della “volontà di potenza” per dare spazio alla suggestione dionisiaca di un pensiero capace di destrutturare il soggetto dell’età moderna. Mirate ricostruzioni storiche hanno voluto attribuire alle correzioni indebite della sorella di Nietzsche le espressioni più violente del testo (la volontà di potenza, appunto), quelle che hanno  ispirato il nazismo. In realtà il testo originario era molto più violento e delirante
Perché questo passaggio dalla Francia?
Perché il nostro ’68, avvenuto in un Paese con il più forte partito comunista d’Occidente, è stato un fenomeno diverso  da quello avvenuto Oltralpe dove abbiamo assistito alla riedizione del surrealismo, una corrente di pensiero assente in Italia ma che nella Francia negli anni ’30 operò una miscela tra Marx, Freud, Nietzsche e il marchese De Sade producendo un irrazionalismo elitario intento a distruggere la ragione, l’io, la morale, il cristianesimo per far prevalere la potenza di Dionisio, l’eros. Il 68 francese rappresenta l’eros che prende il potere. L’intenzione è la distruzione di un ordine capitalistico borghese (e cristiano) fondato sulla tecnica. L’immaginazione al potere,  questa riedizione del surrealismo conduce alla rivalutazione di De Sade per un eros non più legato ad alcun limite. E' quanto afferma Foucault,  portatore di un pensiero determinato dalla visione di  Nietzsche, intento a demolire il concetto stesso di natura e a vanificare ogni distinzione possibile tra bene e male.

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