E così Francesco è andato sui luoghi di Mazzolari dimostrando di conoscerne molto bene la lezione sempre più attuale.
Il 20 giugno ha detto che don Primo ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso
l’amore appassionato e la dedizione incondizionata. Citando un suo scritto ha detto che « ci sono tre strade che non conducono nella direzione
evangelica.
- La strada del “lasciar fare”. E’ quella di chi sta
alla finestra a guardare senza sporcarsi le mani - quel “balconear” la vita -.
Ci si accontenta di criticare, di «descrivere con compiacimento amaro e
altezzoso gli errori» del mondo intorno. Questo atteggiamento mette la
coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori,
con spirito di giudizio, talvolta aspro. Manca una capacità propositiva, un approccio
costruttivo alla soluzione dei problemi.
- Il secondo metodo sbagliato è quello
dell’“attivismo separatista”. Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche
(banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole...). Così la fede si fa più
operosa, ma – avvertiva Mazzolari – può generare una comunità cristiana
elitaria. Si favoriscono interessi e clientele con un’etichetta cattolica. E,
senza volerlo, si costruiscono barriere che rischiano di diventare
insormontabili all’emergere della domanda di fede. Si tende ad affermare ciò
che divide rispetto a quello che unisce. E’ un metodo che non facilita
l’evangelizzazione, chiude porte e genera diffidenza.
- Il terzo errore è il “soprannaturalismo
disumanizzante”. Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le
delusioni che si incontrano. Ci si estranea dal mondo, vero campo
dell’apostolato, per preferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritualismo.
Ne deriva un apostolato fiacco, senza amore. «I lontani non si possono
interessare con una preghiera che non diviene carità, con una processione che
non aiuta a portare le croci dell’ora». Il dramma si consuma in questa
distanza tra la fede e la vita, tra la contemplazione e l’azione».
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