domenica 9 novembre 2025

La Pira, Firenze e la rivolta contro la banalità del male

 



Trasformeranno le spade in vomeri

Disarmare l’economia per una conversione ecologica integrale

Il cammino in corso

Firenze 8 novembre 2025

Sala conferenze della società Baker Hughes già Nuova Pignone

Traccia integrale di riferimento dell’intervento di Carlo Cefaloni

"Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra." Isaia 2,3-4

 

La citazione di Isaia posta come titolo di questo nostro incontro rimanda ad una contraddizione che spesso viene associata alla figura di Giorgio La Pira per relegare questo personaggio anomalo, che si definiva “spiritualmente anarchico, soggetto solo a Dio” ad una dimensione astorica di carattere profetico che non è compatibile con il realismo politico necessario per chi è chiamato a misurarsi con i problemi concreti che richiedono anche e purtroppo di esercitarsi nell’arte della guerra imposta dalle dinamiche geopolitiche che sfuggono al nostro controllo. Mi è capitato soprattutto in ambito cattolico di ascoltare giudizi sprezzanti verso La Pira ma forse è peggio la tentazione evidente di relegarlo ad una storia innocua, da gestire in maniera agiografica mentre quando come Focolari in Italia, leggendo i segni dei tempi, abbiamo deciso di promuovere un gruppo di lavoro per cercare di condividere l’impegno per la pace assieme a papa Francesco, lo abbiamo chiamato “economia disarmata” a partire dalla consapevolezza lapiriana che “senza incidere sulle leve economiche e finanziarie non ci resta  altra magra consolazione che fare delle belle prediche” o teorie staccate dalla vita.

Anche se rimossa a lungo dal dibattito pubblico e trattata come una questione marginale  e di nicchia, esiste una questione decisiva del nostro Paese: la “guerra mondiale a pezzi”  denunciata da papa Bergoglio ha trovato l’Italia pronta tra i primi 10 produttori ed esportatori di armi ( il sesto secondo il Sipri nel periodo 200-24) in forza di precise e trasversali scelte di politica industriale

Il cammino compiuto in questi anni ci ha portato assieme a molte realtà, compresa la pastorale sociale della Chiesa, ad esempio, a sostenere l’azione dei portuali del Calp di Genova che hanno deciso di non caricare armi dirette ad un Paesi in guerra. Sono lavoratori di un sindacato non moderato e dal fare rumoroso. Ma il loro è un atto di disobbedienza che nasce dall’osservanza della legge 185 approvata nel 1990 per applicare delle regole di trasparenza alla produzione, transito e commercio di armi, vietando l’invio verso i Paesi in guerra e/o che violano i diritti umani. Il testo prevede anche la previsione di un fondo per la riconversione al civile che non è stato poi finanziato.  

Quella legge è un esempio di declinazione del ripudio della guerra contenuto nel testo della Costituzione ( articolo 11) assieme al limite della libertà dell’iniziativa economica privata (arr.41). Non è una norma scesa dall’alto ma è stato un risultato raggiunto grazie, negli anni 80, all’obiezione di coscienza dei lavoratori e lavoratrici alla produzione bellica ( in particolare nell’ Aermacchi per i caccia bombardieri destinati al Sudafrica dell’Apartheid). Sono le stesse persone, che andrebbe premiate dalla nostra Repubblica, che hanno impegnato i propri soldi, la loro liquidazione, per non far chiudere il centro di ricerca sulla riconversione economica dalla produzione bellica  promossa negli anni 90 dall’università cattolica di Milano, su iiniziata del rettore Giuseppe Lazzati ma poi non più sostenuta ( cfr https://www.riconversioneindustrialedipace.org/economia-di-pace-una-storia-da-riscoprire/ ).

Uno degli obiettivi di Economia disarmata è stata da subito la difesa e il rilancio di questa legge ( la Legge 185/90) costantemente sotto attacco e che rischia con un progetto di riforma in stato avanzato, nonostante l’appello di decine di associazioni e movimenti, di essere svuotata di efficacia mentre il caso della Rwm in Sardegna ha dimostrato che una società civile attiva e responsabile è riuscita a bloccare dal 2019 al 2023 l’invio di missili e bombe verso l’Arabia Saudita colpendo gli interessi di una multinazionale che ora è protagonista del gigantesco piano di riarmo della Germania.

È interessante notare che la resistenza esemplare e costituzionale dei lavoratori alla produzione bellica era stata vista come una prospettiva di disordine intollerabile da un padre gesuita della Civiltà Cattolica paventandone il rischio come effetto dalla proposta della legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare presentata dal socialista Umberto Calosso e dal democristiano Igino Giordani che oltre ad essere un costituente è cofondatore dei Focolari: una figura che come La Pira rischia di essere spiritualizzata e staccata dalla storia. La proposta Calosso Giordani nasceva sull’onda del caso dell’obiezione di coscienza al servizio militare di Pietro Pinna, esponente del Movimento nonviolento. Così scriveva sull’autorevolissima dei gesuiti nel febbraio 1950 padre  Antonio Messineo: «i giudici che hanno condannato il giovane Pinna a due anni di reclusione come renitente alla leva hanno compiuto il loro dovere e la Camera compirà il proprio respingendo la proposta di legge. La pericolosità del soggettivismo che con essa si vuole rendere legale si può già vedere in atto nel rifiuto degli operai di qualche industria bellica di lavorare alla produzione delle armi e nel minacciato sciopero dei portuali per non scaricare le armi inviate dall’America ai Paesi occidentali del Patto Atlantico».

Nella sua autobiografia scritta in tarda età Igino Giordani descrive con vividezza il suo rifiuto viscerale provato contro la chiamata alle armi nel primo conflitto mondiale e la decisione, una volta coscritto, di non sparare un solo colpo nonostante lo sgomento provato nel vedere i preti che benedivano le armi. Quel suo rifiuto giovanile che avrebbe potuto condurlo alla fucilazione per insubordinazione ( almeno mille soldati furono fucilati in base all’ordinanza Cadorna) lo condusse  a  presentare quella legge che gli alienò la simpatia dei suoi colleghi di partito pur essendo Giordani un esempio di antifascismo ante 1943.

In quegli stessi anni don Primo Mazzolari, sacerdote dai trascorsi interventisti, di grande autorità morale pur avendo vissuto sempre in periferia, ad un gruppo di giovani che gli chiedeva se dovessero in caso di guerra prendere le armi rispose con un  libro a lungo clandestino dal titolo inequivocabile “Tu non uccidere”.

Sono questioni che sembrano a noi lontane ma l’irrompere della guerra in Ucraina con l’invasione russa del 24 febbraio 2022 ha reso chiaro a tutti l’esito della corsa progressiva al riarmo che ha raggiunto nel 2024  la spesa annua di 2.700 miliardi di euro: dobbiamo prepararci alla guerra come dicono i vertici della Ue e trasformare l’intera economia in assetto di guerra. Il casus belli è dietro l’angolo è occorre essere pronti a combattere e non solo a inviare le armi. Finita la fase post eroica della lunga tregua siamo ora in una situazione prebellica che richiede una massiccia politica di riarmo a scopo di deterrenza come un porcospino d’acciaio per usare l’espressione della von der Leyen. Occorre decidere , come dice un Vittorio Emanuele Parsi, opinionista molto ricercato dai grandi media, “per che cosa siamo disposti a morire e quindi ad uccidere”.

Questione palesata in tutta la sua crudezza dalla tragedia della Terra Santa, di Gaza. 

Siamo davanti, volenti o meno, allo stesso dilemma posto dai giovani del 1951 a Mazzolari.

Relegare la nonviolenza ad una scelta eroica di carattere personale, vuol dire vanificare  l’impegno richiesto con forte realismo da Francesco nel suo messaggio del 2017 per una politica della nonviolenza attiva.

Per questo motivo  abbiamo cercato di dare rilievo alla proposta di Mario Primicerio, l’allievo per eccellenza di La Pira, di lavorare come Italia e come Europa, a prescindere dalla lacerazione sull’invio o meno delle armi, ad un azione per far cessare il fuoco ed evitate altro bagno di sangue secondo il modello della dilplomazia dal basso esercitata da La Pira nel 1965 in Vietnam , giunta ad un passo dal realizzarsi. (Cfr https://www.cittanuova.it/cessate-fuoco-appello-mario-primicerio-fermare-la-strage-della-guerra-ucraina/).

Prima ancora del precipitare degli eventi, nel 2018, impegnandoci come Focolari Italia, assieme alla Fondazione La Pira, per fermare il flusso di armi verso l’Arabia Saudita finalizzate al conflitto in Yemen,  abbiamo promosso con David  Sassoli un’iniziativa nella rappresentanza a Roma del Parlamento europeo, che aveva voltato per porre fine a tale traffico, rievocando il discorso di La Pira di abbandonare per sempre la logica di von Clausewitz nella nostra epoca segnata dal crinale apocalittico della Storia dove non c’è più solo il mattatoio dei pover cristi mandati al fronte, ma l’alternativa secca tra l’autodistruzione dell’umanità o la sua rifioritura. (Cfr  https://www.cittanuova.it/rosa-bianca-david-sassoli/). (Cfr https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2018/12/20/news/yemen-dai-focolari-un-appello-contro-la-vendita-di-armi-distruggono-il-paese-1.34068336/).

Per questo da ultimo sosteniamo la proposta, avanzata da diverse realtà autorevoli in Italia,  di aprire un varco alla possibilità di avviare una nuova Helsinki, cioè una conferenza sulla sicurezza comune in Europa nel solco di quella promossa nel 1975 nel pieno della guerra fredda. (https://www.cittanuova.it/una-nuova-helsinki-lalternativa-alla-guerra-come-destino/).

Una tale prospettiva richiede molto studio e approfondimento per contestare le ragioni di un riarmo di un Europa che già spende almeno il doppio della Russia e che avvantaggia gli azionisti delle società in competizione tra loro( grandi fondi interessati ai ritorni degli investimenti  in tempi brevi) e non la sicurezza comune. Le armi non portano benessere come ha spiegato il governatore della Banca D’Italia Fabio Panetta ( https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2025/20250116-panetta/index.html)

e  uno dei più grandi economisti viventi come Stefano Zamagni (  https://www.cittanuova.it/le-radici-culturali-del-riarmo-dialogo-con-stefano-zamagni/).

Ma per dimostrare che esiste una reale alterativa per dirottare l’economia verso una conversione ecologica integrale occorre proporre un’alterativa credibile.

È ciò che prova a fare il laboratorio permanente di riconversione economica per una politica industriale di pace che, come Economia disarmata,  abbiamo avviato assieme ad altre realtà chiedendo il contributo di associazioni, centri di ricerca, lavoratori e lavoratrici disposti a mettersi in gioco seriamente. Abbiamo iniziato partendo da due luoghi emblematici come il Sulcis Iglesiente, il caso più universale possibile e non una problematica locale, ( faremo una sessione del laboratorio ad Iglesias il prossimo 14 novembre), e Torino, la città simbolo dell’industria italiana ora alle prese con l’abbandono progressivo della ex Fiat e la crescita del progetto di  Leonardo ex Finmeccanica.  Cfr il sito del laboratorio: https://www.riconversioneindustrialedipace.org/ .

Ma ogni territorio analizzato in profondità rivela delle questioni emblematiche da analizzate mettendo in discussione le tesi del libro verde delle politiche industriali del Ministero delle imprese: pensiamo all’Emilia Romagna interessata con la conversione della motor valley verso il comparto delle armi mentre Leonardo ha dismesso un grande patrimonio come la società Industria Italiana autobus, volano per un settore di avanguardia quale il trasporto pubblico ecologico.

Il caso della nuova Pignone dimostra l’importanza di un intervento di politica industriale resa possibile  dalla capacità della mano pubblica di investire non in carrozzoni inutili ma in progetti elaborati dagli stessi lavoratori.

Non ci può rassegnare dicendo che  erano altri tempi, dove almeno i detentori di capitali  non si nascondevano dietro società finanziarie senza volto. La Leonardo ha una maggioranza di capitale pubblico che richiede una finalità sociale della sua attività : Resta sempre valido l’invito di La Pira a non nascondersi dietro i presunti dogmi delle tesi economiche per giustificare il ricatto occupazionale e l’economia che uccide. Occorre come dice papa Leone non cedere alla globalizzazione dell’impotenza, l’amara percezione di non poter incidere nella storia affidata invece ai detentori di denaro e a chi decide le guerre.

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