Avete mai sentito parlare del piano
Kalergi? L’accesso al mondo di internet è una manna per chi coltiva una
passione per le cospirazioni segrete, come questo progetto che prende il nome da
Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972) aristocratico pensatore
austriaco, ma di madre giapponese, che avrebbe teorizzato, con l’istituzione
dell’associazione Unione paneuropea la progressiva “sostituzione etnica”
dell’Europa tramite una immigrazione di massa dall’Africa e dall’Asia. Un
progetto funzionale agli interessi delle elites finanziarie internazionali.
La sostituzione etnica
La tesi è ormai ripetuta nel dibattito
politico e appare verosimile ogni volta che qualcuno ripete il mantra sulla
necessità di agevolare l’introduzione di popolazione straniera per coprire i
posti di lavoro lasciati liberi dagli italiani, poco inclini a procreare o
svolgere mansioni di fatica. Ogni anno l’Istat conferma il costante progressivo
calo delle nascite con un tasso di fecondità di 1.32 figli a donna. Ne
basterebbero 2, come si intuisce, per andare in pareggio e, invece, il numero di
morti è ormai da tempo superiore alle nascite.
A livello europeo la fondazione Robert
Schuman, che prende il nome da uno dei padri della comunità europea, ha steso un rapporto dal titolo inquietante
(“Europa 2050:Suicidio demografico”) prevedendo per metà del secolo la perdita
di 49 milioni di persone in età lavorativa nel “vecchio continente” a fronte
della crescita di popolazione africana di un miliardo e 300 milioni persone.
Leggendo tali numeri si comprende il senso incombente dell’invasione alimentata
da certa propaganda anche se la realtà dei fatti è differente dalla sua percezione.
Non certo in alcune periferie dove la mescolanza di popolazione è cosa di ogni
giorno, come sa chi prende un autobus a Roma sulla via Tiburtina.
Ordine mondiale in scomposizione
Il senso della “paura” e del “rancore”,
come della “cattiveria”, riportati nei rapporti del Censis è presente e
amplificato sui social dove si perde la pietà per le vittime dei naufragi,
perfino per donne e bambini. In generale si avvertono intuitivamente i “segnali
di scomposizione dell’ordine mondiale” come li descrive l’Ispi (L’ Istituto per
gli studi di politica internazionale), tanto che anche in ambito del
conservatorismo religioso vengono sostenute, oltre a derive settarie, tesi,
come quella chiamata “opzione Benedetto”, sull’urgenza di salvare un piccolo
resto capace di ricominciare da zero, dopo il crollo degli attuali
equilibri.
La demografia è una scienza complessa con
tesi molto diverse tra loro. Il fascismo ne fece uno strumento per incidere
sulla vita degli italiani, così come avvenne con l’urbanistica per le città,
provocando uno scontro tra due massimi studiosi del tempo, Corrado Gini e Livio
Livi, a proposito degli interventi necessari per dare più figli ad una “stirpe”
destinata a dominare il mondo. Nonostante gli incentivi alle famiglie e la
tassa sul celibato, i numeri dicono che i risultati furono deludenti per poi
precipitare nell’abisso del secondo conflitto mondiale. Oggi assistiamo al
conflitto tra la tesi dell’attuale presidente dell’Istat Tito Boeri
sull’equilibrio futuro delle pensioni assicurate dai contributi dei migranti e
la diversa ricostruzione di Giancarlo Blangiardo, sul peso insostenibile dei
trattamenti maturati dai lavoratori stranieri, per lo più, a basso reddito.
La farsa umanitaria
Il demografo, nuovo presidente
dell’Istituto di statistica, è uno studioso autorevole ed è perciò significativo
che abbia scritto con Gianadrea Gaiani e Giuseppe Valditara un testo dal titolo
“immigrazione come farsa umanitaria” che sostiene la necessità di fermare e
selezionare i flussi di ingresso degli stranieri nel nostro Paese, dato che
quelli presenti sono “equivalenti alla popolazione della intera Danimarca”.
Insomma la percezione della bassa natalità italica si associa inevitabilmente
con la previsione dello tsunami demografico africano. Il centro studi
Machiavelli, di estrazione leghista, propone, oltre al rimpatrio per i migranti
economici irregolari, la creazione, a spese dei Paesi ricchi e delle
organizzazioni internazionali, di vere e proprie “città-sviluppo” per i
rifugiati da collocare in posti sicuri ma non lontani dai luoghi di conflitto.
La tendenza a fermare i migranti lontani dai nostri confini trova conferma con
l’accordo europeo vigente con la Turchia per bloccare il corridoio balcanico
dei profughi siriani, i rapporti con le fazioni libiche per i campi di
detenzione per migranti, al centro di accuse per gravi violazioni dei diritti
umani, e la trattativa con il Niger, strategico nodo dei flussi migratori
dall’Africa, che, secondo, la denuncia di alcune serie organizzazioni
umanitarie, avrebbe compreso grosse forniture di armi.
Ma quanto possono reggere questi
discutibili freni davanti alla pressione del giovane continente con un’età
media bassissima?
Guardare oltre
Tutte le conseguenze descritte nascono
dall’idea di una previsione negativa del futuro, come una profezia che si auto
avvera. È, invece, possibile proporre una diversa prospettiva che crede
possibile invertire il declino non solo demografico. Secondo Alessandro Rosina,
demografo dell’Università Cattolica di Milano, occorre investire per avere
risultati coerenti. Come è avvenuto in Trentino Alto Adige con interventi
strutturali di attenzione alle famiglie che decidono di avere figli. Non siamo
sulla luna ma parliamo di un sistema assai diverso dal resto d’Italia per assicurare un lavoro degno e l’abitazione
per i giovani, senza penalizzare l’occupazione femminile.
Un capovolgimento di prospettiva senza il
quale, al posto di una giusta integrazione, lontana da ogni minaccia di
invasione, si è destinati alla pericolosa deriva autoritaria. Serve, insomma, a
poco porsi il problema della denatalità senza intaccare le diseguaglianze crescenti, le
rendite di posizione e la competizione eretta a sistema. Tutte condizioni che
alimentano il mercato della paura come quello indotto dalle apocalittiche
previsioni di boom demografico degli anni 60 che hanno giustificato anche
disumane politiche antinataliste in diversi Paesi. Passando dalla teoria alla
realtà, accade ad esempio che, in Italia,
proprio nei luoghi più difficili come le filiere della logistica o
dell’agroalimentare, si sperimenti l’unità tra lavoratori italiani e stranieri nel
difendere condizioni minime di dignità umana. E così la profezia dell’ecologia
integrale proposta da papa Francesco può liberare da visioni di sventura a
partire dalla percezione che “tutto è connesso”. Si può parlare di famiglia,
figli e crescita demografica senza considerare l’urgenza di affrontare i
conflitti ambientali, come fanno la madri in veneto per difendere i figli
dall’inquinamento da Pfas? Oppure ignorando le politiche di distruzione della
foresta amazzonica, polmone della nostra casa comune? Ci attende davvero un
cambiamento di epoca.
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