Alcuni spunti dal dialogo promosso da Iriad sul testo della docente della Sapienza “Il suicidio di Israele”.
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| Foto Ansa |
Anna Foa ha scritto un testo importante, “Il suicidio di Israele”, che l’ha esposta a critiche feroci e, allo stesso tempo a grandi apprezzamenti e riconoscimenti fino a ricevere il premio Strega per la saggistica.
Il contributo di lettura della situazione attuale in Medio Oriente proviene
quindi da una persona che non può certo essere tacciata di anti semitismo ma
solo di una grande libertà e indipendenza di pensiero. La tesi esposta nel
libro consiste nel fatto che per salvare oggi l’esistenza dello Stato d’Israele
non c’è altra strada che contrastare la destra suprematista del governo di Netanyahu,
farla finita con l’occupazione della Cisgiordania per arrivare alla creazione e
riconoscimento dello Stato di Palestina.
L’Iriad ha promosso il 24 giugno un dibattito incontro con Anna Foa che ha
fatto emergere alcuni elementi molto interessanti, ma soprattutto l’esigenza di
non restare indifferente di fronte alla tragedia in corso nella Striscia di
Gaza.
Un primo punto emerso dal dibattito è la chiarezza dovuta a proposito del
sionismo o meglio dei “sionismi” perché parliamo di un movimento che ha avuto
diversi correnti. Ha avuto ad esempio esiste un tipo di sionismo favorevole
alla convivenza con i palestinesi come il gruppo Brit Shalom fondato nel 1925 e
che aveva tra i suoi componenti figure di rilievo come Martin Buber e Gerson
Sholem che auspicavano la creazione di un unico stato per due popoli.
Ma esiste ed è molto forte il sionismo di destra, quello segnato
dall’insegnamento di Jabotinsky che la Foa non ha timore di definire
"filofascista" e "estremista" e che esercita un ruolo
significativo nella storia di Israele fino ai giorni nostri. Il padre di Netanyahu, come è noto, è stato il segretario di Jabotinsky
È stato il
1977, l’anno che ha segnato, secondo la Foa, una svolta nella storia di Israele
con la prima ascesa al potere della destra, guidata da Begin e Sharon, dopo
decenni di governi laburisti. Ne seguì un periodo con la guerra del Libano
(fino all'83), le dimissioni di Begin e Sharon dopo la strage di Sabra e
Shatila in Libano, e il ritorno della sinistra al potere.
È in questa fase
che si registrarono vari tentativi di pacificazione, come gli accordi di Madrid
e Oslo. Tuttavia, questi sforzi si conclusero drammaticamente a causa della
perdita di fiducia da parte palestinese dopo l'attentato di Baruch Goldstein a
Hebron, dove il terrorista israeliano statunitense assassinò 29 palestinesi
musulmani in preghiera nella moschea, e l'assassinio del leader laburista
israeliano Isach Rabin da parte di un
colono estremista.
Come fa osservare
la Foa, ormai sono oltre 20 anni, tranne brevi interruzioni, che il governo
Netanyahu è in carica fino a portare al potere un'ala estremista
messianico-religiosa di coloni.
L’esecutivo di
Netanyahu è di fatto espressione diretta dei coloni estremisti e ha perciò condotto
a un attacco a Gaza come "vendetta" per l’eccidio del 7 ottobre 2023
anche a costo di isolare Israele a livello internazionale.
Di fatto, sottolinea
Anna Foa, la recente "guerra di 12
giorni" e cioè l'attacco all'Iran condotto da Israele con l’aiuto Usa ha
permesso a Netanyahu di spostare l'attenzione globale da Gaza, rendendo più
difficile per l'Unione Europea e altri prendere provvedimenti contro Israele.
Una sorta di "mossa
del cavallo", espressione del gioco degli scacchi, che ha compattato il
mondo occidentale e distolto l'attenzione dalla crisi umanitaria a Gaza.
E questo anche
davanti alla gestione "assurda" degli aiuti a Gaza, una volta
estromesso l’azione dell’Onu, con
l'esercito israeliano che spara su coloro che sono in fila per ricevere il
cibo. Ormai, nota la Foa, sono stati
interrotti i collegamenti internet con Gaza, colpiti i giornalisti locali (si
contano oltre 200 morti tra di loro), limitando drasticamente la diffusione di
informazioni dall'interno della Striscia. L’interruzione delle comunicazioni è
avvenuta tre giorni prima dell'attacco israeliano all'Iran.
L'Iran è certo
una dittatura sanguinaria che compie gravi violazioni dei diritti umani, come
l'impiccagione di donne che non indossano correttamente il velo, omosessuali e
politici dissidenti. Ciò ha permesso a Netanyahu di sfruttare questa realtà per
giustificare l’intervento armato e presentarsi come paladino dei diritti umani
contro il regime degli ayatollah.
Di fatto l'Iran
è al centro di un "gioco di potenze" che coinvolge Stati Uniti,
Europa, Russia e Cina, ma ciò non giustifica il fatto che sia distolta l'attenzione
su Gaza.
In tale
contesto è sempre più evidente il rischio della "tenuta democratica"
di Israele. La polizia è controllata dal ministro Itamar Ben-Gvir, leader del
partito di estrema destra Otzma Yehudit, coinvolto nell'assassinio di Rabin.
Senza giri di parole Anna Foa afferma che gli "assassini di Rabin sono
attualmente al potere in Israele". Ciò non fa che attentare alla
democrazia interna aizzando ad una repressione degli oppositori, in particolare
negli ambienti universitari che sono stati tra i maggiori critici del governo
Netanyahu.
Cosa si può fare davanti a tale scenario sempre più preoccupante? La
priorità assoluta, ribadisce la professoressa Foa, è quella di "sollevare
l'attenzione su Gaza"
«Siamo di fronte a un'emergenza assoluta, la cosa più importante è dire: “fermate
questo massacro”. Questo massacro deve essere fermato subito». Siamo davanti ad
un'emergenza umanitaria assoluta, con la mancanza di soccorsi e il rischio
costante di morte per la popolazione, in particolare i bambini. Non è questo il
momento di concentrarsi su dibattiti politici, giudizi di colpa o termini come
"genocidio", ma di agire immediatamente per "fermare questo
massacro". L'indifferenza verso Gaza potrebbe diventare il "peccato
originale" del governo israeliano, della sua popolazione e persino degli
ebrei di tutto il mondo, alimentando l'antisemitismo.
Occorre perciò "insistere su Gaza”, salviamo gli abitanti di Gaza
finché ce n'è qualcuno ancora in vita. Ma occorre fare presto. Riportare
l'attenzione politica su Gaza e dare spazio alle poche voci che ancora riescono
a farsi sentire, riconoscendo la grave svolta politica in atto in Israele e la
necessità di agire immediatamente per fermare la catastrofe umanitaria.
Urgenza confermata dalle parole affidate ai social
dal direttore generale del ministero degli Esteri, Pasquale Ferrara, all’indomani
della fine del suo ultraquarantennale servizio: «La tragedia di Gaza, immane,
indegna, inqualificabile, ingiustificabile, vergognosa e al di sotto di ogni
criterio di civiltà ed umanità, vera barbarie che non conosce misericordia,
furia omicida di massa, parla da sola, anzi, grida dinanzi alla nostra coscienza
e alla coscienza – anzi all’incoscienza - del mondo».

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