La festività di san Francesco d’Assisi che cade, in questo 2005, in un periodo segnato da scenari di guerra che lasciano sgomenti e senza parole, tanto che è forte la tentazione di rimuovere lo scandalo di ciò che accade dalla vista del nostro sguardo o di rifugiarsi in una dimensione interiore cavandosela con il ricorso a frasi sulla pace interiore e familiare e così via. Affermazioni ovvie che non possono esimerci nell’affrontare le contraddizioni del nostro tempo per cercare di uscirne fuori assieme, senza illuderci di cavarcela da soli.
Come diceva negli anni 30 Joseph Mayr Nusser, esponente
dell’Azione cattolica del Sud Tirolo, davanti alla mancanza di reazione di
fronte all’affermarsi culturale del nazismo, «mentre le fiamme accerchiano la
casa, molti cattolici, spesso buoni e ferventi, impegnano tutto il loro zelo
alla cura delle rose in giardino». Nusser, alla fine, morirà nel 1945 a causa
del suo rifiuto del giuramento dovuto a
Hitler[1]
Come ha detto papa Leone XIV rivolgendosi agli
abitanti di Lampedusa lo scorso 12 settembre 2025, «la globalizzazione
dell’indifferenza, che papa Francesco denunciò proprio a partire da Lampedusa,
sembra oggi essersi mutata in una globalizzazione dell’impotenza. Davanti
all’ingiustizia e al dolore innocente siamo più consapevoli, ma rischiamo di
stare fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente
da fare. Cosa posso fare io, davanti a mali così grandi? La globalizzazione
dell’impotenza è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così,
che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo
nulla. Invece no: la storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli
umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica
umanità resiste e si rinnova»[2].
Recentemente sono stato ad un incontro promosso da Amu, una
ong promossa dal Movimento dei Focolari nel campo della cooperazione
internazionale, per far conoscere la capacità di resistenza del popolo
martoriato della Siria. Un territorio legato strettamente alla nostra storia e
a noi molto vicino, straziato da strategie geopolitiche delle grandi potenze
che hanno portato a milioni di sfollati interni e altrettanti all’estero,
trattenuti con la forza in Turchia in base ad accordi miliardari con l’Unione
europea. Come sappiamo molti di loro sono riusciti comunque a sfuggire avventurandosi
sulla Rotta balcanica fino ai confini della Fortezza Europa, dove è difficile e
pericoloso passare, oppure prendendo il
mare esponendosi al rischio dei naufragi e inabissamenti come ci testimonia
l’immagine del piccolo Alan Kurdi di tre anni ritrovato inerte su una spiaggia
come se dormisse.
Il nostro lago di pace , lago di Tiberiade come
Giorgio La Pira chiamava il Mediterraneo, si è trasformato in un cimitero di
persone migranti grazie alla divisione dei Paesi europei incapaci di rispondere
ad una sfida epocale destinata a durare nel tempo.
Questi amici dell’Amu – Azione Mondo unito [3]-
hanno narrato cosa vuol dire trovarsi in
mezzo ad una guerra che dissemina strumenti di morte sul terreno e distrugge
antiche città come Aleppo, tra le più antiche al mondo, e cercare di costruire
rapporti di fraternità e dialogo con tutti. Sono riusciti in questi anni, a
partire dal 2012, a mantenenere aperte
le scuole e i centri per i disabili pur con le ristrettezze delle sanzioni occidentali
che non permettono di far arrivare i soldi necessari per i beni essenziali come
il cibo e le medicine. Parliamo di realtà che hanno resistito a 13 anni di una
tragedia senza fine e ora si affacciano ad un nuovo scenario politico, con la
caduta del regime di Assad nel dicembre 2024, sempre incerto in quel decisivo quadrante
Medio orientale. Lo fanno con persone decise a restare sul territorio
promuovendo la cittadinanza attiva in vista di una partecipazione politica
possibile pur tra mille incertezze.
Chi come me cerca di fare il giornalista sa che,
come si dice, “la carta costa” e non serve a nulla avere i migliori strumenti
di comunicazione se, in fondo,non si ha nulla da dire. O, peggio, si
contribuisce alla confusione del flusso continuo di notizie, senza poter
offrire una chiave credibile di lettura e soprattutto senza dare spazio a “chi
non ha voce”.
Penso alle miriadi di associazioni legate
all’associazione per la pace in Medio Oriente[4]
dove palestinesi ed ebrei israeliani rifiutano la logica della vendetta e del
rancore per costruire rapporti fraterni di pace come abbiamo visto
nell’abbraccio con papa Francesco durante l’Arena di pace di Verona[5]
nel 2024 con l'israeliano Maoz Inon e il palestinese Aziz Sarah, entrambi
vittime del conflitto che si trascina senza fine in Terra Santa.
Ma, attenzione, non si tratta solo di raccontare
storie alternative, belle e consolanti, quanto di far emergere le concrete
proposte politiche che arrivano da tali realtà che vanno ascoltate e prese sul
serio sui tavoli internazionali dove sembrano
che hanno voce solo i macellai dei popoli.
È necessario dare spazio e far crescere l’insorgenza
di umanità che abbiamo visto fiorire in questi giorni con le manifestazioni a
sostegno della Global Sumud Flotilla davanti alla carneficina in corso a Gaza dopo
l’eccidio del 7 ottobre 2023. Una tragedia che ha reso evidente il nodo di una
questione irrisolta davanti al quale non
possiamo ritenerci di essere innocenti.
Come italiano non posso ignorare che la guerra
mondiale a pezzi denunciata da papa Francesco nell’incredulità iniziale di
molti ha trovato il mio Paese tra i primi dieci stati esportatori di sistemi
d’arma su scala planetaria. Non è avvenuto per caso. È il frutto di una scelta politica trasversale che ha
dismesso pezzi importanti dell’economia civile d’avanguardia per concentrarsi
sulla filiera bellica che abbiamo tollerato anche con la presenza di
multinazionali straniere sul nostro territorio.
Il caso più eclatante è la presenza di una fabbrica
di missili e bombe in Sardegna controllata dal colosso industriale tedesco
Rheinmetall che ora è la protagonista del riarmo della Germania, ma che già da
anni dal nostro Sulcis Iglesiente, una provincia impoverita dalla crisi
mineraria del carbone, invia strumenti di morte all’Arabia Saudita che li
utilizza nel conflitto in Yemen.
Di fronte a tale ricatto occupazionale, tra il lavoro delle armi e la miseria, c’è chi si è
ribellato promuovendo un comitato per la riconversione dell’economia che vede
la partecipazione attiva di molte persone del Movimento dei Focolari in un
percorso nonviolento e propositivo che abbiamo sostenuto fin dall’inizio con
Città Nuova.
Una mobilitazione del coscienze testimoniate da
tante storie di persone e famiglie che non riescono a restare indifferenti, pena il vanificare di
ogni trasmissione dei valori che contano ai propri figli. «Come potevamo
guardarli in faccia accettando di restare inerti di fronte alla produzione e
all’invio di missili e bombe destinati a creare lutti e violenze in altre regioni della Terra? Proprio noi che fin da
piccoli abbiamo sperimentato in tanti incontro con persone di ogni latitudine
la bellezza della fraternità e
dell’unità della famiglia umana?».
Questo impegno ha
prodotto, grazie ad alleanze sul piano nazionale e internazionale, in
particolare con associazioni e chiese tedesche, il blocco di tali armi da parte
dell’Italia a partire dal 2019 in forza dell’applicazione della legge 185 del
1990 introdotta grazie alla società civile responsabile e alla testimonianza
dei lavoratori e lavoratrici che hanno fatto negli anni Ottanta obiezione di
coscienza alla produzione bellica: una legge che non abolisce la produzione di
armi ma, in linea con la Costituzione, pone dei limiti al trasferimento verso
Paesi che violano i diritti umani e/o sono coinvolti in conflitti estranei alle
condizioni poste dall’Onu sull’uso della forza.
Questo stop è durato fino
al 31 maggio 2023 quando il decreto governativo sul Made in Italy ha rimosso il
divieto per “l’attenuarsi del rischio”
dell’uso delle bombe sulla popolazione civile.
Ora lo stabilimento della
società controllato dalla Rheinmetall vuole espandersi e aumentare la
produzione nonostante i vincoli ambientali del territorio sotto l’incalzare del
piano di riarmo europeo e la pressione della promessa di nuovi posti di lavoro
assicurati dalla produzione di armi.
Nel frattempo, il
comitato riconversione ha promosso la creazione di una di imprese War Free[6],
cioè libere dalla filiera della guerra per una conversione ecologica integrale
. Un esempio concreto di politica economica e industriale che il Pnrr dovrebbe
seguire anche perché è ampiamente discutibile ed erroneo l’effetto
moltiplicatore di occupazione e ricerca tecnologica legato al comparto delle
armi. È dimostrato il contrario con equivalenti impegni nella filiera verde[7].
Il nostro impegno per la
pace, infatti, come diceva Giorgio La Pira, si ferma alla magra potestà delle
prediche se non è capace di incidere sulle scelte strutturali economiche e
finanziarie.
Un caso eclatante è stato
di recente la cessione da parte di Leonardo, società sotto controllo pubblico impegnata
sempre di più nel settore armi, dell’Industria Italiana
autobus[8]
ad una società in attesa di capitali cinesi, mentre proprio il comparto del
trasporto pubblico verde è uno dei settori emergenti nella transizione
ecologica non più rimandabile.
Già negli anni 80 i lavoratori obiettori di
coscienza alla produzione militare proponevano
ad esempio per l’Aermacchi «una piattaforma rivendicativa aziendale che
contiene, accanto alle tradizionali richieste su salario, organizzazione del
lavoro e inquadramento, orario, salute dei lavoratori e sicurezza sul lavoro,
ecologia e ambiente, diritti e pari opportunità, informazioni sui carichi di
lavoro, anche due richieste innovative sul controllo della esportazioni di
prodotti aziendali e sulla diversificazione/riconversione produttiva al civile».
Ho conosciuto e scritto di alcuni di loro come Elio
Pagani e Marco Tamborini che con il loro impegno diretto che li ha esposti
assieme alle famiglie a ritorsioni e sanzioni, hanno permesso di arrivare alla
legge 185 del 1990.
Hanno creduto così tanto alla possibilità di una
conversione economica contenuta nella previsione della stessa legge da
contribuire con i loro risparmi, addirittura i regali di nozze come ho saputo
indirettamente, al centro studi per la riconversione produttiva promosso
dall’Università cattolica dall’allora rettore Giuseppe Lazzati ma poi
progressivamente definanziato fino ad estinguersi nonostante il sacrificio dei
lavoratori[9].
Lo stesso movimento della coscienza è quello che ha
portato i portuali del Calp di Genova a rifiutare di caricare armi sulle navi
dirette in zone di guerra esponendosi a ritorsioni varie tra cui l’accisa in
sede penale, con tanto di irruzione della polizia nelle loro case con grande spavento
dei familiari. A questi lavoratori ha detto di fare riferimento come esempio da
seguire papa Francesco durante il viaggio di ritorno da Hiroshima[10].
Concretamente, poi, il 2 aprile 2022
siamo andati in piazza a Genova con la
pastorale sociale nazionale e il vescovo di Genova per esprimere solidarietà ai
portuali e sostenere l’istanza che pone un divieto di circolazione di armi
in quel porto. Altre tappe
dell’iniziativa Fari di pace è stata portata avanti, sempre con il sostegno
delle diocesi, a Napoli, Bari e Trieste[11].
Ma è chiaro che per incidere realmente occorre
mettere in discussione l’intero sistema della cultura che prepara la guerra e,
quindi, non sfuggire la questione dell’obiezione di coscienza da opporre verso la trasformazione
dell’economia in assetto di guerra cedendo al fatalismo della cosiddetta
Trappola di Tucidide secondo cui, nella visione di alcuni think tank,
nell’inevitabile scontro tra potenze crescenti e in declino, a noi non resta
altro che schierarci e preparaci al peggio.
Senza, cioè, immaginare un ruolo europeo attivo di
ricerca della pace e della sicurezza comune nello spirito della Conferenza
sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa che si è svolta nel 1975 ad
Helsinki nel pieno della Guerra fredda. A questa Helsinki 2 sta lavorando un
pezzo della società civile[12]
proprio per immaginare e proporre un’altra visione del mondo che metta in cisi
i l falso mito della deterrenza nucleare non più sostenibile oggi che la
Federazione degli Scienziati Americani ci avvisa che siamo a pochi secondi
dalla mezzanotte nucleare[13].
Su questa linea stiamo lavorando come Movimento dei
Focolari i Italia ad un “Laboratorio permanente per una politica economica di
pace”[14]
in grado di mostrare l’alterativa credibile alla corsa al riamo destinato a
bruciare sempre più risorse destinate alla cura di troppe piaghe e ingiustizie
nel mondo.
Alla fine, occorre rispondere alle stesse domande
poste da alcuni giovani che avevano fatto la Resistenza a don Primo Mazzolari
nel 1951 davanti alla prospettiva di una nuova guerra: «dobbiamo prendere le
armi? Contro chi? Dobbiamo scegliere di uccidere ed essere uccisi rispondendo
agli ordini di quella che si pone come autorità legittima?»
Mazzolari, parroco di periferia, lontano dai centri
di potere economico e intellettuale, scrisse una risposta destinata a diventare un libro a lungo censurato che si intitola con
semplicità evangelica: “Tu non uccidere”.
Sta a noi decidere come rispondere oggi.
Testo intervento al Dialogo con i costruttori di pace
Repubblica di San Marino 4 ottobre 2025
[1] https://www.josef-mayr-nusser.it/it/
[2] https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2025/09/12/0637/01125.html
[3] https://www.amu-it.eu/chi-siamo/
[4] https://www.allmep.org/
[5] https://www.arenadipace.it/it
[6] https://www.warfree.net/
[7] Dossier
Più armi più lavoro? Una falsa tesi https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdf
[8] https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdf
[9] https://www.https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdfstartmag.it/economia/leonardo-invitalia-pd-industria-italiana-autobus-seri/
[10] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/november/documents/papa-francesco_20191126_voloritorno-giappone.pdf
[11] https://www.cittanuova.it/non-nel-mio-nome-dai-lavoratori-la-spinta-alla-coscienza-che-ripudia-la-guerra/
[12] https://www.fondazionebasso.it/2015/30-ix-2025-9h00-a-50-anni-dalla-conferenza-di-helsinki-perseguire-la-pace-attraverso-la-politica/
[13] https://retepacedisarmo.org/disarmo-nucleare/2025/orologio-dellapocalisse-89-secondi-alla-mezzanotte-mai-cosi-vicini-alla-fine-del-mondo-italia-ripensaci-si-riparta-dal-trattato-sulla-proibizione-delle-armi-nucleari/

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