domenica 26 ottobre 2025

La guerra che viene e le domande che non si possono evitare

 



La festività di san Francesco d’Assisi che cade, in questo 2005, in un periodo segnato da scenari di guerra che lasciano sgomenti e senza parole, tanto che è forte la tentazione di rimuovere lo scandalo di ciò che accade dalla vista del nostro sguardo o di rifugiarsi in una dimensione interiore cavandosela con il ricorso a frasi sulla pace interiore e familiare e così via. Affermazioni ovvie che non possono esimerci nell’affrontare le contraddizioni del nostro tempo per cercare di uscirne fuori assieme, senza illuderci di cavarcela da soli.

Come diceva negli anni 30 Joseph Mayr Nusser, esponente dell’Azione cattolica del Sud Tirolo, davanti alla mancanza di reazione di fronte all’affermarsi culturale del nazismo, «mentre le fiamme accerchiano la casa, molti cattolici, spesso buoni e ferventi, impegnano tutto il loro zelo alla cura delle rose in giardino». Nusser, alla fine, morirà nel 1945 a causa del suo rifiuto del  giuramento dovuto a Hitler[1]

Come ha detto papa Leone XIV rivolgendosi agli abitanti di Lampedusa lo scorso 12 settembre 2025, «la globalizzazione dell’indifferenza, che papa Francesco denunciò proprio a partire da Lampedusa, sembra oggi essersi mutata in una globalizzazione dell’impotenza. Davanti all’ingiustizia e al dolore innocente siamo più consapevoli, ma rischiamo di stare fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente da fare. Cosa posso fare io, davanti a mali così grandi? La globalizzazione dell’impotenza è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così, che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo nulla. Invece no: la storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova»[2].

Recentemente  sono stato ad un incontro promosso da Amu, una ong promossa dal Movimento dei Focolari nel campo della cooperazione internazionale, per far conoscere la capacità di resistenza del popolo martoriato della Siria. Un territorio legato strettamente alla nostra storia e a noi molto vicino, straziato da strategie geopolitiche delle grandi potenze che hanno portato a milioni di sfollati interni e altrettanti all’estero, trattenuti con la forza in Turchia in base ad accordi miliardari con l’Unione europea. Come sappiamo molti di loro sono riusciti comunque a sfuggire avventurandosi sulla Rotta balcanica fino ai confini della Fortezza Europa, dove è difficile e pericoloso passare,  oppure prendendo il mare esponendosi al rischio dei naufragi e inabissamenti come ci testimonia l’immagine del piccolo Alan Kurdi di tre anni ritrovato inerte su una spiaggia come se dormisse.  

Il nostro lago di pace , lago di Tiberiade come Giorgio La Pira chiamava il Mediterraneo, si è trasformato in un cimitero di persone migranti grazie alla divisione dei Paesi europei incapaci di rispondere ad una sfida epocale destinata a durare nel tempo.

Questi amici dell’Amu – Azione Mondo unito [3]-  hanno narrato cosa vuol dire trovarsi in mezzo ad una guerra che dissemina strumenti di morte sul terreno e distrugge antiche città come Aleppo, tra le più antiche al mondo, e cercare di costruire rapporti di fraternità e dialogo con tutti. Sono riusciti in questi anni, a partire dal 2012, a  mantenenere aperte le scuole e i centri per i disabili pur con le ristrettezze delle sanzioni occidentali che non permettono di far arrivare i soldi necessari per i beni essenziali come il cibo e le medicine. Parliamo di realtà che hanno resistito a 13 anni di una tragedia senza fine e ora si affacciano ad un nuovo scenario politico, con la caduta del regime di Assad nel dicembre 2024, sempre incerto in quel decisivo quadrante Medio orientale. Lo fanno con persone decise a restare sul territorio promuovendo la cittadinanza attiva in vista di una partecipazione politica possibile pur tra mille incertezze.

Chi come me cerca di fare il giornalista sa che, come si dice, “la carta costa” e non serve a nulla avere i migliori strumenti di comunicazione se, in fondo,non si ha nulla da dire. O, peggio, si contribuisce alla confusione del flusso continuo di notizie, senza poter offrire una chiave credibile di lettura e soprattutto senza dare spazio a “chi non ha voce”.

Penso alle miriadi di associazioni legate all’associazione per la pace in Medio Oriente[4] dove palestinesi ed ebrei israeliani rifiutano la logica della vendetta e del rancore per costruire rapporti fraterni di pace come abbiamo visto nell’abbraccio con papa Francesco durante l’Arena di pace di Verona[5] nel 2024 con l'israeliano Maoz Inon e il palestinese Aziz Sarah, entrambi vittime del conflitto che si trascina senza fine in Terra Santa.

Ma, attenzione, non si tratta solo di raccontare storie alternative, belle e consolanti, quanto di far emergere le concrete proposte politiche che arrivano da tali realtà che vanno ascoltate e prese sul serio sui tavoli internazionali dove sembrano  che hanno voce solo i macellai dei popoli.

È necessario dare spazio e far crescere l’insorgenza di umanità che abbiamo visto fiorire in questi giorni con le manifestazioni a sostegno della Global Sumud Flotilla  davanti alla carneficina in corso a Gaza dopo l’eccidio del 7 ottobre 2023. Una tragedia che ha reso evidente il nodo di una questione  irrisolta davanti al quale non possiamo ritenerci di essere innocenti.

Come italiano non posso ignorare che la guerra mondiale a pezzi denunciata da papa Francesco nell’incredulità iniziale di molti ha trovato il mio Paese tra i primi dieci stati esportatori di sistemi d’arma su scala planetaria. Non è avvenuto per caso. È il frutto di  una scelta politica trasversale che ha dismesso pezzi importanti dell’economia civile d’avanguardia per concentrarsi sulla filiera bellica che abbiamo tollerato anche con la presenza di multinazionali straniere sul nostro territorio.

Il caso più eclatante è la presenza di una fabbrica di missili e bombe in Sardegna controllata dal colosso industriale tedesco Rheinmetall che ora è la protagonista del riarmo della Germania, ma che già da anni dal nostro Sulcis Iglesiente, una provincia impoverita dalla crisi mineraria del carbone, invia strumenti di morte all’Arabia Saudita che li utilizza nel conflitto in Yemen.

Di fronte a tale ricatto occupazionale, tra il  lavoro delle armi e la miseria, c’è chi si è ribellato promuovendo un comitato per la riconversione dell’economia che vede la partecipazione attiva di molte persone del Movimento dei Focolari in un percorso nonviolento e propositivo che abbiamo sostenuto fin dall’inizio con Città Nuova.

Una mobilitazione del coscienze testimoniate da tante storie di persone e famiglie che non riescono  a restare indifferenti, pena il vanificare di ogni trasmissione dei valori che contano ai propri figli. «Come potevamo guardarli in faccia accettando di restare inerti di fronte alla produzione e all’invio di missili e bombe destinati a creare lutti e violenze in altre   regioni della Terra? Proprio noi che fin da piccoli abbiamo sperimentato in tanti incontro con persone di ogni latitudine la bellezza della fraternità  e dell’unità della famiglia umana?».

Questo impegno ha prodotto, grazie ad alleanze sul piano nazionale e internazionale, in particolare con associazioni e chiese tedesche, il blocco di tali armi da parte dell’Italia a partire dal 2019 in forza dell’applicazione della legge 185 del 1990 introdotta grazie alla società civile responsabile e alla testimonianza dei lavoratori e lavoratrici che hanno fatto negli anni Ottanta obiezione di coscienza alla produzione bellica: una legge che non abolisce la produzione di armi ma, in linea con la Costituzione, pone dei limiti al trasferimento verso Paesi che violano i diritti umani e/o sono coinvolti in conflitti estranei alle condizioni poste dall’Onu sull’uso della forza.

Questo stop è durato fino al 31 maggio 2023 quando il decreto governativo sul Made in Italy ha rimosso il divieto per “l’attenuarsi del rischio”  dell’uso delle bombe sulla popolazione civile.

Ora lo stabilimento della società controllato dalla Rheinmetall vuole espandersi e aumentare la produzione nonostante i vincoli ambientali del territorio sotto l’incalzare del piano di riarmo europeo e la pressione della promessa di nuovi posti di lavoro assicurati dalla produzione di armi.

Nel frattempo, il comitato riconversione ha promosso la creazione di una di imprese War Free[6], cioè libere dalla filiera della guerra per una conversione ecologica integrale . Un esempio concreto di politica economica e industriale che il Pnrr dovrebbe seguire anche perché è ampiamente discutibile ed erroneo l’effetto moltiplicatore di occupazione e ricerca tecnologica legato al comparto delle armi. È dimostrato il contrario con equivalenti impegni nella filiera verde[7].

Il nostro impegno per la pace, infatti, come diceva Giorgio La Pira, si ferma alla magra potestà delle prediche se non è capace di incidere sulle scelte strutturali economiche e finanziarie.

Un caso eclatante è stato di recente la cessione da parte di Leonardo, società sotto controllo pubblico impegnata sempre di più nel settore armi, dell’Industria Italiana autobus[8] ad una società in attesa di capitali cinesi, mentre proprio il comparto del trasporto pubblico verde è uno dei settori emergenti nella transizione ecologica non più rimandabile.

Già negli anni 80 i lavoratori obiettori di coscienza alla produzione militare proponevano  ad esempio per l’Aermacchi «una piattaforma rivendicativa aziendale che contiene, accanto alle tradizionali richieste su salario, organizzazione del lavoro e inquadramento, orario, salute dei lavoratori e sicurezza sul lavoro, ecologia e ambiente, diritti e pari opportunità, informazioni sui carichi di lavoro, anche due richieste innovative sul controllo della esportazioni di prodotti aziendali e sulla diversificazione/riconversione produttiva al civile».

Ho conosciuto e scritto di alcuni di loro come Elio Pagani e Marco Tamborini che con il loro impegno diretto che li ha esposti assieme alle famiglie a ritorsioni e sanzioni, hanno permesso di arrivare alla legge 185 del 1990.

Hanno creduto così tanto alla possibilità di una conversione economica contenuta nella previsione della stessa legge da contribuire con i loro risparmi, addirittura i regali di nozze come ho saputo indirettamente, al centro studi per la riconversione produttiva promosso dall’Università cattolica dall’allora rettore Giuseppe Lazzati ma poi progressivamente definanziato fino ad estinguersi nonostante il sacrificio dei lavoratori[9].

Lo stesso movimento della coscienza è quello che ha portato i portuali del Calp di Genova a rifiutare di caricare armi sulle navi dirette in zone di guerra esponendosi a ritorsioni varie tra cui l’accisa in sede penale, con tanto di irruzione della polizia nelle loro case con grande spavento dei familiari. A questi lavoratori ha detto di fare riferimento come esempio da seguire papa Francesco durante il viaggio di ritorno da Hiroshima[10]. Concretamente, poi,  il 2 aprile 2022 siamo andati in piazza  a Genova con la pastorale sociale nazionale e il vescovo di Genova per esprimere solidarietà ai portuali e sostenere l’istanza che pone un divieto di circolazione di armi in  quel porto. Altre tappe dell’iniziativa Fari di pace è stata portata avanti, sempre con il sostegno delle diocesi, a Napoli, Bari e Trieste[11].

Ma è chiaro che per incidere realmente occorre mettere in discussione l’intero sistema della cultura che prepara la guerra e, quindi, non sfuggire la questione dell’obiezione di  coscienza da opporre verso la trasformazione dell’economia in assetto di guerra cedendo al fatalismo della cosiddetta Trappola di Tucidide secondo cui, nella visione di alcuni think tank, nell’inevitabile scontro tra potenze crescenti e in declino, a noi non resta altro che schierarci e preparaci al peggio.

Senza, cioè, immaginare un ruolo europeo attivo di ricerca della pace e della sicurezza comune nello spirito della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa che si è svolta nel 1975 ad Helsinki nel pieno della Guerra fredda. A questa Helsinki 2 sta lavorando un pezzo della società civile[12] proprio per immaginare e proporre un’altra visione del mondo che metta in cisi i l falso mito della deterrenza nucleare non più sostenibile oggi che la Federazione degli Scienziati Americani ci avvisa che siamo a pochi secondi dalla mezzanotte nucleare[13].

Su questa linea stiamo lavorando come Movimento dei Focolari i Italia ad un “Laboratorio permanente per una politica economica di pace”[14] in grado di mostrare l’alterativa credibile alla corsa al riamo destinato a bruciare sempre più risorse destinate alla cura di troppe piaghe e ingiustizie nel mondo.

Alla fine, occorre rispondere alle stesse domande poste da alcuni giovani che avevano fatto la Resistenza a don Primo Mazzolari nel 1951 davanti alla prospettiva di una nuova guerra: «dobbiamo prendere le armi? Contro chi? Dobbiamo scegliere di uccidere ed essere uccisi rispondendo agli ordini di quella che si pone come autorità legittima?»

Mazzolari, parroco di periferia, lontano dai centri di potere economico e intellettuale,  scrisse una risposta destinata a diventare  un libro a lungo censurato che si intitola con semplicità evangelica: “Tu non uccidere”.

Sta a noi decidere come rispondere oggi. 

 

Testo intervento al Dialogo con i costruttori di pace 

Repubblica di San Marino 4 ottobre 2025

 


 



[1] https://www.josef-mayr-nusser.it/it/

[2] https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2025/09/12/0637/01125.html

[3] https://www.amu-it.eu/chi-siamo/

[4] https://www.allmep.org/

[5] https://www.arenadipace.it/it

[6] https://www.warfree.net/

[7] Dossier Più armi più lavoro? Una falsa tesi https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdf

[8] https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdf

[9] https://www.https://www.archiviodisarmo.it/view/dVczbXF1bmNjVXpoUlJLU2RzKzBiZz09OjqZjDp-WT83SxtGit6gI_9Y/supplemento-giugno-2024.pdfstartmag.it/economia/leonardo-invitalia-pd-industria-italiana-autobus-seri/

[10] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/november/documents/papa-francesco_20191126_voloritorno-giappone.pdf

[11] https://www.cittanuova.it/non-nel-mio-nome-dai-lavoratori-la-spinta-alla-coscienza-che-ripudia-la-guerra/

[12] https://www.fondazionebasso.it/2015/30-ix-2025-9h00-a-50-anni-dalla-conferenza-di-helsinki-perseguire-la-pace-attraverso-la-politica/

[13] https://retepacedisarmo.org/disarmo-nucleare/2025/orologio-dellapocalisse-89-secondi-alla-mezzanotte-mai-cosi-vicini-alla-fine-del-mondo-italia-ripensaci-si-riparta-dal-trattato-sulla-proibizione-delle-armi-nucleari/

https://www.riconversioneindustrialedipace.org/[14]

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