Era il 2 febbraio 1986 quando l’allora Presidente Nazionale di Pax Christi.
don Tonino Bello Vescovo di Molfetta, scrisse una Lettera
al fratello che lavora in una fabbrica di armi. A distanza di anni e alla luce di
quanto succede anche in questi mesi in Italia, con la questione della RWM di
Domusnovas, è un testo ancora di grande attualità. Innanzitutto perché pone in
evidenza la questione etica: “collaborare alla
costruzione di strumenti di morte”. Poi perché evidenzia che l’industria delle
armi non garantisce un maggior numero di posti di lavoro. Anzi! Su questi temi,
come coordinatore di Pax Christi, credo sia importante lavorare insieme.
L’esperienza della Valsella di Brescia, nota fabbrica produttrice di mine, il
suo impegno di riconversione che ha visto la collaborazione di tutti: società
civile, missionari, comunità cristiane, sindacati, ecc. può essere un esempio.
Perché non aprire un tavolo di riflessione sulla
riconversione? Con gli operai, i titolari della RWM, la società civile, la
Chiesa, i sindacati, il mondo politico?
E’ in gioco la Vita. Il rispetto della Costituzione e della
legge 185/90.
d. Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi
Ecco alcuni brani della lettera...
“Caro operaio, ...
non regge a
nessuno l’animo di dirti che, se pure incolpevolmente, tu collabori a seminare
morte sulla terra. E neanche io te lo voglio dire.
Hai già tanti problemi sulle spalle, che non mi sento di gravarti la coscienza di un ulteriore fardello. Sei così preoccupato, come tutti i lavoratori, dagli spettri della fame, che non mi va di intossicarti anche quei quattro soldi che ti danno.
Hai già tanti problemi sulle spalle, che non mi sento di gravarti la coscienza di un ulteriore fardello. Sei così preoccupato, come tutti i lavoratori, dagli spettri della fame, che non mi va di intossicarti anche quei quattro soldi che ti danno.
Hai così viva la
percezione di essere vittima di una squallida catena di sfruttamento, che
sarebbe crudeltà dirti senza mezzi termini che, oltre che oppresso, sei anche
oppressore. Mi sembrerebbe di ucciderti moralmente prima ancora che le armi
confezionate dalle tue mani potessero fare strage di altri innocenti.
Povero fratello
operaio. Sei veramente chiuso in una spira mortale direbbe Ungaretti che non
era un economista neppure lui, e neanche un alto funzionario dei ministeri
romani. Ma era un uomo.
Quell’uomo che ti
auguro di riscoprire in te, e che ti fa vomitare di disturbo di fronte
all’ipocrisia di chi, con un occhio piange di commozione sulla fame del Terzo Mondo,
e con l’altro fa cenno d’intesa con i generali. Quell’uomo che si ribella in te
quando scorge che, dopo mezzo secolo, c’è ancora chi in alto loco è sensibile
al fascino di antichi ritornelli imperiali, trascritti purtroppo sullo stesso
pentagramma di profitto: colonnello non
voglio pane; voglio piombo pel mio moschetto!. ...
Quell’uomo
interiore che rimane mortificato quando sa che la stessa cifra stanziata
dall’Italia per armamenti, destinata invece per programmi civili, creerebbe
trentamila posti di lavoro in più. Quell’uomo pulito che dorme dentro di te, e
che la sera, quando torni a casa, ti spinge ad accarezzare senza titubanze il
volto dolcissimo della tua donna; e ti fa porre le mani sul capo incontaminato
dei tuoi figli, senza paura che un giorno si ritorcano su di loro, come un
tragico boomerang, le armi che quelle stesse mani hanno costruito.
Certo, se io fossi
coraggioso come Giovanni Paolo II, dovrei ripeterti le sue parole accorate:
“Siano disertati i laboratori e le officine della morte per i laboratori della
vita!”. Ma, a parte il debito di audacia, debbo riconoscere che il Papa si
rivolgeva agli scienziati. I quali, di solito almeno economicamente, hanno più
di una ruota di scorta.
Tu invece ne sei
privo. E anche le ruote necessarie, se non sono proprio forate, hanno le gomme
troppo lisce perchè tu possa permetterti manovre pericolose. Non ti esorto
perciò, almeno per ora, a quella forte testimonianza profetica di pagare, con
la perdita del posto di lavoro, il rifiuto di collaborare alla costruzione di
strumenti di morte.
Ma ti incoraggio a
batterti perchè si attui al più presto, e in termini perentori, la conversione
dell’industria bellica in impianti civili, produttori di beni, atti a
migliorare la qualità della vita. E’ un progetto che va portato avanti.
Da te. Dai
sindacati. Da tutti. Con urgenza. Con forza. ...
Ti abbraccio, don
Tonino Bello “
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