O le bombe o niente lavoro
Assurdo dilemma in Sardegna
La riconversione della Rwm è possibile,
basta crederci
Caro direttore, come al solito 'Avvenire',
anche nell' estate appena conclusa e in questo primissimo autunno, va contro
corrente e riesce a parlare con sistematicità, non con articoli spot dalla cifra
scandalistica, di questioni spesso rimosse dagli altri media.
Il giornale
nazionale da lei diretto ha così dato spazio alla scelta unanime del Consiglio
comunale di Iglesias che si dichiara «Città di pace», ma nel suo territorio si
trova davanti alla realtà della fabbrica che produce bombe che vengono inviate
nella penisola arabica e utilizzate anche per la guerra nello Yemen. Sta qui il
motivo per cui sempre più forte è salita la richiesta di interventi per una
«riconversione integrale» dell' economia sarda, non solo della fabbrica
interessata. Una richiesta tesa a sottrarre questo pezzo d' Italia a un ricatto
inaccettabile: o bombe o disoccupazione. Le organizzazioni datoriali e
sindacali locali hanno però smorzato tali attese, sostenendo la tesi della
inconvertibilità di una delle poche aziende che danno lavoro in un' area
depressa. La questione è troppo importante per essere data per chiusa e
abbandonata, tanto più che proprio in Sardegna, a Cagliari, si svolgerà, a fine
ottobre, la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani che pone a tema 'Il
lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale'.
D opo l'
appello di alcune associazioni rivolto ai parlamentari lo scorso 21 giugno, la
Camera dei deputati ha votato il 19 settembre scorso una mozione 'ammorbidita'
sulla questione, che non cita neppure il nodo dell' invio di bombe verso l'
Arabia Saudita. Un alibi per chi vuol tacere e girare la testa. Eppure non si
può fare a meno di chiedersi che cosa abbiano da dire nel merito le parti
sociali. Confindustria, cioè l' associazione degli industriali italiani, così
come Cgil e Cisl, che raccolgono il maggior numero di iscritti al sindacato tra
i lavoratori dipendenti dell' impianto Rwm, non possono immaginare di risolvere
la questione della produzione di bombe in Sardegna, destinate alla guerra in
Yemen, con le dichiarazioni sinora rese dai loro rappresentanti a livello
regionale. Questi ultimi, più volte hanno dimostrato di accettare la tesi della
impossibilità della riconversione industriale della produzione oggi assicurata,
nel territorio del Sulcis Iglesiente, dalla società tedesca Rheinhmetall
Defence che controlla la Rwm Italia. O ggi in Italia manca lavoro e quello che
c' è spesso è sotto attacco sotto il profilo dei diritti e della stabilità. Per
un dipendente, le parole «riconversione produttiva» hanno un suono inquietante,
perché quei termini si associano a processi di ristrutturazione che finiscono
per ledere diritti, competenze e conoscenze acquisite. Esiste una signoria
incontestata della 'proprietà' che decide cosa, come e per chi produrre secondo
strategie competitive e di redditività che sono sottratte a ogni discussione.
Il ruolo del potere pubblico si limita, in questo schema intoccabile, ad
attrarre e facilitare i capitali disposti a investire sul territorio, senza
poter impedire future chiusure o delocalizzazioni maturate in sedi decisionali
che operano a livello planetario.
La statunitense Alcoa, come è noto, ha
rilevato nel 1996 dalle partecipazioni statali dell' Efim la produzione di
alluminio ricevendo significativi incentivi pubblici, salvo poi trasferire l'
attività in una sede che la multinazionale di Pittsburgh ha avuto tutto il
tempo di costruire in Arabia Saudita, chiudendo nel 2014 l' attività in
Sardegna. Dopo una serie di trasferimenti societari, anche Euralluminia ha
interrotto la produzione con la cassa integrazione zero ore per centinaia di
operai e impiegati. Da tempo i sindacati sono chiamati a 'ridurre il danno' e a
gestire una situazione esplosiva, con i lavoratori sardi che arrivano a
protestare disperatamente sin sotto le sedi dei Ministeri romani. La tragica
mancanza di alternative apre, così, a dilemmi estremi, assunti con assoluta
consapevolezza: se questa è la realtà delle cose, meglio la produzione di
bombe. Lo dice il sindaco di Domunovas, i passanti intervistati fugacemente, i
datori di lavoro e i loro dipendenti. Il lavoro da strumento di riscatto
sociale, diventa, così, la preda di un ricatto. Per non cadere in questa
trappola, dove tutte le vittime finiscono per beccarsi tra di loro, è
necessario evitare ogni facile moralismo e mettere in evidenza le reali
responsabilità. C ome si è reso evidente nell' assemblea 2017 degli azionisti
Rheinmetall, con le domande poste da Banca Etica, la proprietà dell' azienda
preferisce riservare la fase di assemblaggio e invio di bombe al suo
stabilimento in Italia sul presupposto di una legittimità dubbia, anche se
sinora confermata dal Governo di Roma. Sulla vicenda pende, infatti, un esposto
alla magistratura per violazione penale della legge 185/90 oltre che di
Trattati internazionali sulle armi e il loro commercio. Un diverso
atteggiamento dei governanti italiani avrebbe potuto indurre l' azienda tedesca
a valorizzare le competenze delle maestranze sarde in altro modo. La
specializzazione individuata espone, invece, al rischio che, per motivi
estranei ad ogni valutazione etica, come possono essere quelli logistici o di
convenienza politica, la proprietà possa facilmente delocalizzare l' attività
vicino al luogo del pronto utilizzo. L' analista Eleonora Ardemagni,
commentatrice anche di 'Avvenire', su 'Affari internazionali' ha segnalato che
l' Arabia Saudita ha «l' obiettivo di 'localizzare nel regno, entro il 2030, il
50% delle spese militari totali'», secondo le dichiarazioni di «Mohammed bin
Salman, ministro della Difesa e neo principe ereditario, annunciando la
creazione della Saudi Arabia Military Industries (Sami), la compagnia pubblica
che gestirà il rilancio dell' industria militare nazionale». Non si tratta solo
di prospettive di co-produzione tra esportatore e importatore. L' Arabia
Saudita vuole seguire l' esempio degli Emirati Arabi Uniti già capaci di
fornire «il modello di blindato Nimr (coprodotto in Algeria) impiegato nel
conflitto in Yemen, così come le corvette Baynunah». La crescita di un'
industria nazionale della difesa permetterebbe, inoltre, di assestare e
consolidare il potere dei vertici militari. A nche per attirare e far crescere
investimenti esteri, occorre, quindi, una prospettiva proficua e di lunga
durata La Sardegna offre, in tal senso, dei casi emblematici. Cito quello del
paese di Furtei, sempre nel sud della Sardegna, segnato dal disastro ecologico
provocato dalla Sardinia Gold Mining Spa, controllata della multinazionale
canadese Buffalo Gold Ltd, fallita nel 2008 dopo aver promesso ricadute di
ricchezza dall' estrazione dell' oro che resta invece all' interno di una
miniera da bonificare (con risorse pubbliche insufficienti) dalla presenza di
cianuro e mercurio.
Esiste tuttavia a Cagliari anche l' esperienza del Centro
di Ricerca e Sviluppo (CRS4), fondato dal Premio Nobel Carlo Rubbia nel 1990.
Attività di eccellenza che ha convito la cinese Huawei a siglare un accordo con
la Regione Sardegna per sviluppare progetti di ricerca sulle Smart Cities
(risparmio energetico e città intelligenti) investendo decine milioni di euro.
Bisogna allora chiedersi, ad esempio, quali risorse pubbliche si vogliono
convogliare sul Piano Sulcis già varato a livello regionale. In che modo si
intende usare la leva finanziaria della Cassa depositi e prestiti per strategie
di medio lungo periodo su ricerca e innovazione con la valorizzazione di
partner interessati al mutuo vantaggio e non a logiche predatorie. P artiti,
Confindustria e sindacati hanno questo compito. Se lo rifiutano, affermano di
fatto che non esistono alternative possibili al dilemma tra lavoro e bombe. Il
motto thatcheriano « there is no alternative » diventa il paradigma di un
agglomerato umano che non è più una società, ma un insieme di individui
costretti dall' istinto di sopravvivenza in quella 'zona grigia' dove le
vittime sono anch' esse colpevoli, secondo la penetrante descrizione che Primo
Levi fa del Lager. Non è un caso che il Comitato sorto per chiedere la
riconversione della Rwm Italia abbia preso come esempio da non imitare, coloro
che pur sapendo dei forni crematori dei campi di concentramento hanno preferito
tacere.
Oggi nel 2017 dalla Sardegna partono bombe destinate a creare stragi di
innocenti. L' insorgenza di una coscienza che non pretende di salvarsi da sola,
con la purezza di una condanna teorica, ma chiede di uscire assieme dal
non-senso con un lavoro degno, capace di portare vita e libertà, esprime l'
istanza di una società capace di rigenerarsi dalle fondamenta. Non con le
prediche, ma con scelte concrete e intelligenti. Chi rappresenta gli interessi
dell' impresa e del lavoro non può ignorarle senza perdere non solo la
credibilità ma la ragione stessa del suo essere.
Carlo Cefaloni *Membro del Comitato
Riconversione Rwm
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