Il 19 settembre 2017, la Camera dei deputati ha
approvato una mozione umanitaria a favore delle popolazioni colpite dal
conflitto in Yemen. Quel giorno il sangue di san Gennaro si è sciolto a Napoli
ma quello della maggioranza dei deputati è rimasto freddo nella obbedienza agli
ordini di scuderia che invitavano ad ignorare e contrastare altre mozioni
dirette a fermare l’invio di bombe dal territorio italiano all’Arabia Saudita.
Il Paese alleato di ferro degli Usa in Medio Oriente accoglie pellegrinaggi di
delegazioni occidentali in cerca di soldi. Trump ha il merito di essere onestamente
pacchiano, come quando ha esposto, come un comune piazzista, le foto della sua
mercanzia ad un sorridente Moḥammad
bin Salmān, uomo forte della dinastia saudita che guida una coalizione che
bombarda i ribelli houthi in Yemen.
Non è una guerra dimenticata. Tutti sanno tutto.
Anche il cosiddetto uomo della strada.
Rapporti Onu, risoluzioni del parlamento europeo, i media dal New York Times alle Iene della tivù
berlusconiana.
Il guaio grosso è l’enorme incapacità di passare
dall’indignazione all’azione coerente di fermare una strage o almeno non
concorrere ad essa come truppe di complemento. La cancelliera Merkel ha fatto
finta di non sapere nulla quando un giovane studente universitario ad Assisi ha
rotto il protocollo di una solenne cerimonia per chiedergli semplicemente
perché la tedesca Rehinmetall continua a far produrre in Sardegna quelle bombe
d’aereo destinate ai sauditi.
Andiamo assieme a Marzabotto a commemorare le vittime
di un orrore, ci vergogniamo delle leggi razziali vilmente adottate nel 1938 in
Italia seguendo l’esempio teutonico, e ora non riusciamo a fermare quei carichi
di morte che colpiscono scuole e ospedali? Non possiamo collaborare assieme per
portare un lavoro giusto nel Sulcis Iglesiente martoriato dalla disoccupazione?
Quale Europa abbiamo in mente? Appare sempre più un ulteriore violenza mostrare
le foto dei bambini che muoiono di stenti mente dilaga il colera. A che serve
violare la sacralità di quell’immagine se poi non andiamo a fermare con le mani
quelle bombe?
E il presidente Mattarella, che giustamente manda
segnali controcorrente andando a visitare l’arsenale della pace di Torino, cosa
attende per dire che la legge 185/90, che quelle bombe dovrebbe fermare, non
può essere umiliata perché è il tentativo di dare attuazione alla
Costituzione? Forse perché non è il
sentire comune di questo nostro tempo? Eppure ad Assisi il consiglio comunale
ha votato per chiedere la fine della nostra collaborazione a tale banalità del
male. Si spera e si lavora perché questo leggero fuoco della coscienza divampi
dal più piccolo comune alle metropoli come un riconoscimento della nostra
comune umanità.
Ma il vero scoglio probabilmente è un altro. La
questione Yemen è il caso più semplice da comprendere ma rivela la fragilità di
un sistema che, in grande, ha deciso di produrre per il sistema delle armi.
Bollettini vittoriosi sono stati diramati quando Finmeccanica, ora Leonardo, si
è aggiudicata la commessa di 28 caccia Eurofighter da parte del Kuwait. Accettando
di fermare il cammino di quelle bombe si metterebbero in crisi le scelte di
fondo di politica economica e industriale adottate nel nostro Paese.
Il Piano Sulcis, così come Invitalia, non saprebbero
cosa fare e proporre per convertire un territorio impoverito anche da questa
residua produzione bellica richiesta dalla multinazionale germanica. Non gli
mancherebbero le competenze. È l’orizzonte culturale ad essere determinato da
visioni ben precise come quelle promosse, ad esempio, della Fondazione “Italia
decide” guidata da Luciano Violante, che a febbraio 2018, prima ancora del voto
e in maniera bipartisan, ha promosso la linea di grandi investimenti nel
settore della Difesa. Lo stesso Violante è da ottobre anche presidente della
Fondazione Leonardo. Come fa notare Michele Nones dell’Istituto Affari
internazionali, per paventate ogni riduzione di investimenti nel comparto,
anche il governo attuale «ha confermato con gli alleati, bilateralmente e nel
quadro Nato, l’impegno ad aumentare le spese per la difesa, puntando a un quasi
raddoppio entro il 2024».
Considerando il valore della continuità delle
politiche del settore, assume, quindi, un certo valore la nomina, da parte
della ministro della Difesa Trenta, in quota M5S, del generale di squadra aerea
Carlo Magrassi, già direttore generale degli armamenti, a consigliere del
ministro per la politica industriale.
Come è noto, per motivi sconosciuti, Il senatore
sardo pentastellato Roberto Cotti, da sempre in prima fila per una politica di
pace e coerentemente molto attivo contro le bombe inviate ai sauditi, non è
stato ricandidato dal suo partito movimento.
Mercoledì 28 novembre, presso il Senato della
Repubblica, le stesse associazioni che hanno presentato il 21 giugno 2017 le
istanze riprese dalle mozioni parlamentari del 19 settembre dello stesso anno,
ripropongono le medesime motivazioni, dopo ulteriori stragi in Yemen, per
chiedere un cambio di passo alla politica italiana.
È solo un anno fa e sembra un secolo. I pochi dem
dissidenti di allora non son rientrati in Parlamento. La sinistra è decimata.
Al di là delle sigle, resta oggi come sempre la leva della coscienza è l’unica
che resta per salvare la nostra umanità. L’esempio del comitato riconversione Rwm,
che sul territorio si espone ripudiando la logica della guerra, è un esempio di
mite ostinazione da seguire. Già capire questo è un buon inizio.
Lasciando da
parte la pigrizia mentale dei media che si compiacciono a mostrare il solito
abitante di quella terra, che si dice convinto dell’importanza del lavoro
piuttosto della vita di persone lontane, che tanto verrebbero comunque uccise
da armi provenienti da altri siti. È pura distrazione di massa che serve a
coprire una responsabilità nazionale, cioè di noi tutti. Nessuno escluso.
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