giovedì 8 novembre 2018

Una sovranità perduta ma da ritrovare


Una fabbrica di bombe e la nostra sovranità

Si diffondono immagini strazianti della guerra in Yemen ma in Italia vuole crescere l’azienda che produce gli ordigni venduti all’aviazione sauditi. L’opposizione del comitato riconversione Rwm e una nuova iniziativa a livello nazionale  
 

da cittanuova.it 8 novembre 2018

Giornali di mezzo mondo hanno rilanciato l’immagine straziante della piccola Amal, la bambina yemenita morta a 7 anni per la grave denutrizione riconducibile al disastro umanitario in corso in quel Paese dove è in corso un conflitto armato tra una vasta coalizione a guida saudita e un esercito di ribelli legati all’Iran.
Una guerra che vede l’Italia coinvolta perché, come ripetuto tante volte, dal nostro Paese partono bombe d’aereo destinate all’aviazione dell’Arabia Saudita. Numerose risoluzioni del parlamento europeo hanno chiesto invano ai Paesi Ue di bloccare ogni fornitura di armi alle parti in conflitto. Le relazioni degli esperti Onu denunciano i crimini di guerra perpetrati sulla popolazione civile, con attacchi diretti su scuole e ospedali.
Nonostante il muro di gomma alzato dalla politica nazionale, il 19 luglio del 2017 il consiglio comunale della città di Iglesias ha votato a favore della riconversione economica del territorio dichiarandosi “città di pace” davanti alla richiesta avanzata dalla Rwm Italia di estendere la produzione di bombe dal vicino comune di Domusnovas. Una dichiarazione controcorrente e in linea con la Costituzione che è culminata nel maggio 2018 con l’incontro ad Iglesias tra il sindaco Emilio Gariazzo e Jamal Bonyana, rappresentante di una ong attiva per i diritti umani in Yemen durante una serie di manifestazioni e dibattiti che hanno visto anche Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna e attualmente parlamentare europeo del Pd, prendere apertamente posizione contro ogni compromissione della sua Isola e del nostro Paese con una filiera delle armi che parte dalla Germania ( sede della Rheinmetall Defence che controlla la Rwm) per arrivare in Arabia Saudita. Anche l’attuale presidente della Regione Francesco Pigliaru, già prorettore università di Cagliari, si è preso del tempo per studiare la situazione, così come i componenti della commissione esteri della Camera che hanno convocato per un’audizione diversi esponenti di ong umanitarie dirette testimoni delle gravi violazioni in corso nello Yemen.
Nel frattempo, come riportano alcune fonti locali, sembra che la nuova giunta del comune di Iglesias abbia deciso di autorizzare la realizzazione di 2 nuove linee produttive di bombe per aereo all’interno del suo territorio. Decisione arrivata nonostante i rilievi presentati in sede di conferenza di servizi da parte del Comitato Riconversione RWM e dalla sezione di Italia Nostra Sardegna. La protesta si è trasformata anche in sit in davanti la sede del municipio dell’antica città sarda.
Nel caso concreto concorrono, assieme alle motivazioni umanitarie, questioni di carattere paesaggistico ed ecologici, come ad esempio la mancanza della previa valutazione di impatto ambientale delle opere che sembrano autorizzate.  
Preminente su tutto resta la volontà politica che sostiene l’intera operazione. Come affermano in un comunicato congiunto il Comitato e Italia Nostra, «siamo ad uno snodo storico: trovare una soluzione partecipata e sostenibile per un lavoro degno, o rimanere invischiati in una logica che fa decidere ad altri che nello scenario mondiale di guerra a pezzi siamo quelli disposti a tutto».
Le realtà presenti sul territorio invocano una presa di posizione nazionale perché, come al solito, la tendenza è quella di gestire ogni vertenza come una questione locale da tener fuori da un dibattito generale che chiama in causa responsabilità della politica italiana e internazionale. L’Arabia Saudita resta l’alleato d’acciaio degli Stati uniti sullo scacchiere mondiale. Tanto che sembra rientrare anche il clamore suscitato dalla recente barbara uccisione del giornalista Khashoggi presso il consolato saudita in Turchia. Il recente viaggio in Arabia Saudita di alcuni leader evangelici sostenitori del presidente Trump, come riporta l’agenzia Nena, va in questa direzione, così come l’invito del telepredicatore Pat Roberson, riportato dall’Huffington Post,  di considerare  l’importanza della commessa saudita di armi Usa per 110 miliardi di dollari: «qualcosa che non possiamo perdere, volenti o nolenti».
L’Italia nella sua interezza, società civile e istituzioni politiche, deve decidere, pur parlando di briciole di un grande banchetto, se restare o meno dentro questa esplicita morale.
Le medesime associazioni che hanno proposto nel giugno 2017 una mozione di stop alle armi per il conflitto in Yemen con destinazione di fondi alla riconversione economica del Sulcis Iglesiente, riproporranno a Roma, nei prossimi giorni, la stessa istanza aggiornata e integrata dagli ulteriori crimini commessi nel frattempo, come il bombardamento che ha colpito una scuola bus nello scorso agosto provando più di 40 giovani vittime.
La precedente mozione, adottata da alcuni parlamentari, è stata respinta il 19 settembre 2017, nella scorsa legislatura dal voto di maggioranza della Camera.  Si tratta ora di verificare la scelta politica di un nuovo parlamento che rivendica su altri fronti il pieno esercizio di una sovranità nazionale.
 


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