Una fabbrica di bombe e la nostra sovranità
Si diffondono immagini
strazianti della guerra in Yemen ma in Italia vuole crescere l’azienda che
produce gli ordigni venduti all’aviazione sauditi. L’opposizione del comitato
riconversione Rwm e una nuova iniziativa a livello nazionale
Giornali di mezzo mondo
hanno rilanciato l’immagine straziante della piccola Amal, la bambina yemenita
morta a 7 anni per la grave denutrizione riconducibile al disastro umanitario
in corso in quel Paese dove è in corso un conflitto armato tra una vasta
coalizione a guida saudita e un esercito di ribelli legati all’Iran.
Una guerra che vede
l’Italia coinvolta perché, come ripetuto tante volte, dal nostro Paese partono
bombe d’aereo destinate all’aviazione dell’Arabia Saudita. Numerose risoluzioni
del parlamento europeo hanno chiesto invano ai Paesi Ue di bloccare ogni
fornitura di armi alle parti in conflitto. Le relazioni degli esperti Onu
denunciano i crimini di guerra perpetrati sulla popolazione civile, con
attacchi diretti su scuole e ospedali.
Nonostante il muro di
gomma alzato dalla politica nazionale, il 19 luglio del 2017 il consiglio
comunale della città di Iglesias ha votato a favore della riconversione
economica del territorio dichiarandosi “città di pace” davanti alla richiesta
avanzata dalla Rwm Italia di estendere la produzione di bombe dal vicino comune
di Domusnovas. Una dichiarazione controcorrente e in linea con la Costituzione
che è culminata nel maggio 2018 con l’incontro ad Iglesias tra il sindaco
Emilio Gariazzo e Jamal Bonyana, rappresentante di una ong attiva per i diritti
umani in Yemen durante una serie di manifestazioni e dibattiti che hanno visto
anche Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna e attualmente
parlamentare europeo del Pd, prendere apertamente posizione contro ogni
compromissione della sua Isola e del nostro Paese con una filiera delle armi
che parte dalla Germania ( sede della Rheinmetall Defence che controlla la Rwm)
per arrivare in Arabia Saudita. Anche l’attuale presidente della Regione Francesco
Pigliaru, già prorettore università di Cagliari, si è preso del tempo per
studiare la situazione, così come i componenti della commissione esteri della
Camera che hanno convocato per un’audizione diversi esponenti di ong umanitarie
dirette testimoni delle gravi violazioni in corso nello Yemen.
Nel frattempo, come
riportano alcune fonti locali, sembra che la nuova giunta del comune di
Iglesias abbia deciso di autorizzare la realizzazione di 2 nuove linee
produttive di bombe per aereo all’interno del suo territorio. Decisione
arrivata nonostante i rilievi presentati in sede di conferenza di servizi da
parte del Comitato Riconversione RWM e dalla sezione di Italia Nostra Sardegna.
La protesta si è trasformata anche in sit
in davanti la sede del municipio dell’antica città sarda.
Nel caso concreto
concorrono, assieme alle motivazioni umanitarie, questioni di carattere
paesaggistico ed ecologici, come ad esempio la mancanza della previa
valutazione di impatto ambientale delle opere che sembrano autorizzate.
Preminente su tutto resta
la volontà politica che sostiene l’intera operazione. Come affermano in un
comunicato congiunto il Comitato e Italia Nostra, «siamo
ad uno snodo storico: trovare una soluzione partecipata e sostenibile per un
lavoro degno, o rimanere invischiati in una logica che fa decidere ad altri che
nello scenario mondiale di guerra a pezzi siamo quelli disposti a tutto».
Le realtà presenti sul territorio invocano una presa
di posizione nazionale perché, come al solito, la tendenza è quella di gestire
ogni vertenza come una questione locale da tener fuori da un dibattito generale
che chiama in causa responsabilità della politica italiana e internazionale.
L’Arabia Saudita resta l’alleato d’acciaio degli Stati uniti sullo scacchiere
mondiale. Tanto che sembra rientrare anche il clamore suscitato dalla recente barbara
uccisione del giornalista Khashoggi presso il consolato saudita in Turchia. Il
recente viaggio in Arabia Saudita di alcuni leader evangelici sostenitori del
presidente Trump, come riporta l’agenzia Nena, va in questa direzione, così
come l’invito del telepredicatore Pat Roberson, riportato dall’Huffington Post, di considerare l’importanza della commessa saudita di armi
Usa per 110 miliardi di dollari: «qualcosa che non possiamo perdere, volenti o
nolenti».
L’Italia nella sua interezza, società civile e
istituzioni politiche, deve decidere, pur parlando di briciole di un grande
banchetto, se restare o meno dentro questa esplicita morale.
Le medesime associazioni che hanno proposto nel
giugno 2017 una mozione di stop alle armi per il conflitto in Yemen con
destinazione di fondi alla riconversione economica del Sulcis Iglesiente, riproporranno
a Roma, nei prossimi giorni, la stessa istanza aggiornata e integrata dagli
ulteriori crimini commessi nel frattempo, come il bombardamento che ha colpito
una scuola bus nello scorso agosto provando più di 40 giovani vittime.
La precedente mozione, adottata da alcuni parlamentari,
è stata respinta il 19 settembre 2017, nella scorsa legislatura dal voto di
maggioranza della Camera. Si tratta ora
di verificare la scelta politica di un nuovo parlamento che rivendica su altri
fronti il pieno esercizio di una sovranità nazionale.
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