martedì 15 gennaio 2019

Conversazioni in Sardegna


Alle radici di una ostinata resistenza alla guerra




A Iglesias, in Sardegna, si concentra l’azione di un movimento plurale che si oppone alla produzione di bombe vendute a Paesi come l’Arabia Saudita che le utilizza nel conflitto in corso nello Yemen.
Si tratta di persone che si espongono fisicamente dando ragione della propria scelta, in controtendenza con un costume italico che sembra, come al solito cadere dalle nuvole per poi nascondersi dietro la necessità di dare comunque lavoro in una terra, come il Sulcis Iglesiente, attraversata da una durissima crisi economica. È gente fiera che non accetta questo gemellaggio imposto con la forza e il terrore tra la loro meravigliosa terra e lo Yemen, uno dei giardini perduti dell’umanità.  Non si tratta, tuttavia, di una bella utopia, che si può sperimentare solo da giovani. Ci sono anche loro, ovviamente ma la ricchezza di questo movimento dal basso vede, in prima fila, uomini e donne, con carichi e responsabilità familiari, che conoscono bene il disincanto della maturità che genera ragionevoli e più solide certezze.

Merita perciò indagare sulle radici profonde di questa esperienza che esprime il paradigma contemporaneo di un dilemma antico come il mondo tra l’obbedienza dovuta alla coscienza o al potere.

Per alcuni questo agire si esprime in continuità con il percorso di quella generazione di cattolici passati, nel secolo scorso, attraverso le vicende dell’associazionismo laicale italiano che coincide, da queste parti, con la vita della famiglia Guaita. Antonio e Pia, quando si sono sposati erano entrambi presidenti diocesani della Giac (Gioventù italiana di azione cattolica) e della GF rispettivamente, con tanto di cerimonia  nella cattedrale di Iglesias che sorge nel quadrilatero centrale della elegante e antichissima città. Un matrimonio che ha generato quattro figli.

Ho incontrato “zio Nuccio”, come molti lo chiamano affettuosamente tra gli amici più giovani. Una mente e un cuore lucidi e attivi che è un piacere ascoltare. Medico per decenni e poi, come spesso capita fisiologicamente, impegnato politicamente nella Democrazia Cristiana fino a diventare assessore alla Regione Sardegna. È una guida morale che interviene pubblicamente nel dibattito democratico. Da iscritto Cisl, ha inviato una lettera, rimasta senza risposta, alla Segretaria generale del suo sindacato per chiedere le ragioni del silenzio dell’organizzazione dei lavoratori davanti all’incompatibilità morale tra la nobiltà del lavoro e le bombe prodotte dalla Rwm Italia tra Domusnovas e Iglesias, in una fabbrica che un tempo produceva, fino al 2001, esplosivi per l’industria mineraria.

La sua analisi è molto chiara: «il problema RWM-bombe sullo Yemen è politico – ci dice -proprio dei responsabili politici nazionali innanzitutto e della Regione Sardegna, per avere disatteso il “ripudio della guerra” di cui alla Costituzione italiana, alla Legge 185/90 e al divieto, di intesa internazionale, di fornire armi agli stati belligeranti. Non si può però mettere in pericolo l’attività della fabbrica e l’occupazione operaia senza predisporre l’ organizzazione di riconversione della fabbrica stessa, d’intesa con l’imprenditoria e i sindacati, per garantire la continuità stessa del lavoro. Spetta al Governo, di intesa con la Regione, la risoluzione di questa grave situazione(bombe che esplodono in Yemen, fabbricate in Italia, Sardegna!) che è derivata dalle decisioni assunte nelle sedi politiche. Una riparazione insieme politica e morale, ma urgente».

Continua 

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