Le masse dei ragazzi che si muovono sull'onda del messaggio di Greta Thumberg mi ricordano in qualche modo le medievali crociate dei fanciulli, quel fenomeno inspiegabile che attraversò l'europa nel medioevo per poi finire in maniera tragica. Spero che non sia tale il destino di questa consapevolezza di una generazione troppo blandita dagli adulti per essere autenticamente un punto di rottura.
Emblematico, in tal senso, il tentativo di spostare l'attenzione dai contenuto di una conversione ecologica al voto dei sedicenni. Inviterei invece i più giovani a capire chi sul loro territorio si batte davvero per una vita più degna e giusta, scontrandosi contro i poteri che poi governano i media principali.
Geniale in tal senso nella sua romanità lo striscione apposto davanti all'immenso rudere della ex fabbrica della Penniciillina sulla via Tiburtina. D tale comittao ho parlato in questo articolo su cittanuova.it.
Per giorni la grande stazione ferroviaria di Roma Termini è stata sovrastata da enormi cartelloni con le immagini tristi dei personaggi della serie Suburra trasmessa da Netflix. La società televisiva, con sede in California, produce programmi ben fatti che colonizzano l’immaginario dei suoi numerosi utenti con le gesta sanguinarie di bande criminali senza freni. Emergono, in particolare, i legami di violentissime mafie straccione con poteri, più o meno occulti, e i rozzi rituali delle famiglie rom che parlano uno slang abruzzese.
Le storie alternative e positive catturano poco spazio nel mondo della finzione e della stessa informazione, che non può non occuparsi del movimentismo dei “fascisti del terzo millennio”, molto efficaci ad inserirsi dentro le grandi contraddizioni di un vasto territorio in crisi.
Tuttavia, se si vuole cercare di capire qualcosa oggi della città capitale d’Italia non bisogna andare nel sempre affascinante centro storico, popolato dai turisti, ma raggiungere la via Tiburtina, dove alla stazione della metro di Rebibbia campeggia un grande murales del fumettista Zerocalcare, con una frase in evidenza che è una vera dichiarazione d’amore: «Fettuccia di paradiso stretta fra la Tiburtina e la Nomentana. Terra di mammuth, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi».
Il paesaggio della campagna romana doveva essere davvero incantevole ad inizio secolo scorso, prima del disordinato sviluppo urbanistico e industriale che ha lasciato i suoi scheletri abbandonati come l’enorme fabbrica della “Leo Penicillina”, che ha rappresentato uno degli emblemi della vecchia cintura operaia della città e, negli ultimi tempi, l’estremo allucinante ricovero dei senza dimora.
Secondo la nota “teoria delle finestre rotte” è facilmente intuitivo il potere disgregativo per la società di uno stabile degradato in un determinato territorio lasciato senza cura del bello e centri di aggregazione. Eppure ciò non ha impedito ad un gruppo di abitanti di formare un comitato denominatosi “Nuova Penicillina”. Per prima cosa ha recuperato la memoria di quel luogo andando alla ricerca delle fonti storiche e dei testimoni della vita di una fabbrica all’avanguardia che ha dato lavoro a migliaia di persone. Le persone del comitato non hanno mai criminalizzato gli abitanti forzati del gigantesco rudere. Conoscono troppo bene ciò che davvero preoccupa e cioè l’azione delle mafie che mirano a prendere il controllo di alcuni negozi, periodicamente sequestrati, e la presenza ossessiva dei centri dell’azzardo sulla Tiburtina grazie alla normativa che ha incentivato il settore.
È apparso, perciò, solo uno spettacolo ad uso e consumo dei media, nel dicembre 2018, lo sgombero dello stabile della ex fabbrica Penicillina da parte di un imponente contingente di forze dell’ordine con la presenza del ministro degli Interni Salvini. Gran parte di quelli che erano costretti ad usare questa forma di alloggio disumano avevano già abbandonato il relitto. Una coppia sbandata di italiani e alcuni isolati extracomunitari sono stati portai via dalla polizia. Lo stato dell’immobile è preoccupante per la probabile presenza di eternit, come documentano le foto riportate dal comitato che chiede di fermare ogni intervento di rimozione delle macerie, già in atto, senza aver fatto opera di bonifica preventiva.
Viene da chiedersi cosa muova dal profondo questi abitanti di un territorio anonimo fino a portarli a promuovere forme di protesta con striscioni sul ciglio di una strada dal traffico veloce e impaziente. Non ci sono i potenti media presenti allo sgombero, così come gran parte degli altri residenti che forse ignorano del tutto la questione, anche se il pericolo della diffusione della polvere di amianto non è affatto una cosa da poco.
Ma ciò che davvero fa pensare è la pretesa del comitato di determinare il destino di quell’area messa all’asta dal tribunale di Roma per trovare aggiudicatari interessati a finalità imprenditoriali e commerciali. Come afferma la perizia tecnica, il grande complesso immobiliare è appetibile per la notevole cubatura consentita e per la collocazione logistica vicino al grande raccordo anulare.
I cittadini radunati nel comitato per la “Nuova Penicillina” chiedono un forte intervento pubblico per riconvertire e riqualificare l’intera area della ex fabbrica farmaceutica, per costruire almeno mille case popolari oltre a diversi spazi culturali e ricreativi, compreso un piccolo museo sulla memoria industriale di quel luogo. Una richiesta di riqualificazione e sviluppo del territorio sostenuta dal contributo di giuristi come Paolo Maddalena, già giudice della Corte costituzionale, e da un gruppo di urbanisti dell’Università La Sapienza. Come a dire che non si tratta di una proposta eccentrica, ma in linea con l’idea di poter intervenire in aree urbane abbandonate dove, come afferma il comitato, «si riversa unicamente la mano speculativa di costruttori e proprietari di slot/casinò e centri commerciali».
Si percepisce quindi, nonostante tutto e superando certe semplificazioni mediatiche, il senso di cura e appartenenza ad un luogo. Lo stesso che abbiamo visto in opera, nei giorni scorsi, con il video del giovane Simone che, non lontano dalla Tiburtina, ha rivendicato di non cedere alla mentalità dell’esclusione ma di essere aperto al mondo proprio perché rappresentante con orgoglio di un luogo ben definito come il suo quartiere di Torre Maura. Di queste storie della Roma autentica e sorprendente continueremo a parlare.
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