Dalla intervista a Gianadrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, non proprio un pacifista, ma che ha il pregio di parlare chiaro
Come si spiega allora il sostegno del nostro Paese alla guerra contro la Libia di Gheddafi nel 2011? Oggi quasi tutti, a partire dai vertici militari, ne parlano come di un errore…
Non è stato un errore. Siamo stati obbligati in forza di un ricatto. Il venerdì santo di quell’anno è venuto a Roma il presidente della commissione steri del senato Usa, John Kerry, per parlare con Berlusconi che aveva assicurato il mancato intervento diretto in Libia da parte dell’Italia che pure assicurava le basi alla Nato per colpirla. Il giorno di Pasqua Obama stesso telefona al presidente del consiglio italiano che, il giorno dopo, annuncia la partecipazione della nostra aviazione ai bombardamenti in corso sul Paese Nordafricano. Berlusconi ha dovuto cedere a pressioni fortissime contravvenendo ad un trattato internazionale bilaterale firmato con Gheddafi che prevedeva, tra l’altro, la non aggressione tra i due Paesi e il divieto di fornire basi a terzi per condurre attacchi.
Quella guerra serviva a destabilizzare una regione ma sarebbe stata impossibile da condurre per gli Stati Uniti senza l’utilizzo delle basi italiane, se non al prezzo di un impegno di forze e di uomini che il congresso americano non avrebbe mai autorizzato Obama a dispiegare. Anche perché Gheddafi aveva cominciato a collaborare e non era più visto come il feroce nemico dei tempi di Reagan. All’epoca l’Unione africana fece notare che la caduta di Gheddafi avrebbe portato il caos nel Shael con l’effetto di avere una Somalia (stato fallito, ndr) affacciata sul Mediterraneo. Un tipo di analisi che anche gli analisti hanno fatto con piena consapevolezza, come è facile immaginare. Allo stesso tempo il ritiro deciso da Obama in maniera affrettata dall’Iraq nel 2011 ha comportato l’entrata in quel Paese delle forze Isis che hanno preso facilmente il controllo nella parte nord.
(Da Dossier Disarmo, edizioni Città Nuova)
Nessun commento:
Posta un commento