Il Mediterraneo è un mare pieno di contraddizioni
e il teatro di conflitti politici e
ambientali. Con grandi interessi dell’economia estrattiva che è alternativa
alla “cura della casa comune”. La massa d’acqua che il siciliano Giorgio La Pira, sindaco di Firenze,
vedeva profeticamente come un “lago di
pace”, ha inghiottito, negli ultimi anni, migliaia di migranti scappati da guerre e miserie.
L’incontro promosso dalla chiesa italiana a Bari dal 19 al 23 febbraio, va visto
perciò come un segno dei tempi estremi, di “crinale apocalittico della storia” per usare realisticamente
l’immagine cara a La Pira. Questo politico anomalo è il punto di riferimento
esplicito del sinodo “Mediterraneo,
frontiera di pace”, che riunisce a Bari una sessantina di vescovi che
arrivano da 20 Paesi affacciati su quello che i romani chiamavano, nel segno
della egemonia militare, “mare nostrum”. Ancora oggi, benché l’asse geopolitico
sembri spostato verso l’Oceano Pacifico, resta evidente che parliamo di uno
snodo decisivo per costruire la pace. Ne può parlare a buon titolo Giovanni Ricchiuti, presidente italiano
del movimento Pax Christi, nonché
vescovo, in Puglia, della diocesi di Altamura- Gravina- Acquaviva delle Fonti.
Proprio in prossimità dell’incontro di Bari, ha
espresso il proprio sostegno ai portuali
di Genova che stanno rifiutando ogni forma di collaborazione con le
operazioni di una nave saudita che potrebbe, come già avvenuto recentemente,
caricare materiale militare destinato ad alimentare il conflitto in corso nello
Yemen. «Episodi come quello di Genova del cargo saudita – ha detto il vescovo
Ricchiuti - e anche la notizia che l’Italia
si prepara a vendere due fregate militari all’Egitto non fanno certo del
Mediterraneo un mare di pace. Per questo sono convinto che non si debba tacere!».
Come Città Nuova lo abbiamo intervistato
recentemente recandoci ad Altamura,
nell’alta Murgia, splendida città
che conserva storie di estrema violenza come l’eccidio del 1799 dove perirono migliaia di persone nella lotta
tra sanfedisti e giacobini. Nell’assedio si
forgiarono armi e munizioni dalle campane. Perfettamente il processo inverso a quello che sta a
cuore al presidente di Pax Christi.
Esiste
un episodio particolare che la lega al tema della pace nel Mediterraneo?
In un tempo dove cresce l’ostilità verso i migranti, credo che non possiamo dimenticare la nave con 10 mila albanesi che, l’8 agosto del 1991, approdò nel porto di Bari trovando una popolazione generosa e accogliente, pur in mezzo a tante difficoltà. Ma c’è anche un fatto anteriore che è stagliato nella mia memoria come Chiesa.
In un tempo dove cresce l’ostilità verso i migranti, credo che non possiamo dimenticare la nave con 10 mila albanesi che, l’8 agosto del 1991, approdò nel porto di Bari trovando una popolazione generosa e accogliente, pur in mezzo a tante difficoltà. Ma c’è anche un fatto anteriore che è stagliato nella mia memoria come Chiesa.
A
quando risale?
Pochi anni prima, quando ero parroco nella mia città di Bisceglie e rilanciai, nella notte di Natale del 1988, l’appello profetico “Puglia arca di pace e non arco di guerra” rivolto dai vescovi della Metropolìa di Bari alla Chiesa e alla politica italiana per denunciare la militarizzazione della Puglia e il progetto di collocare nell’aeroporto militare di Gioia del Colle ben 72 cacciabombardieri americani F16. Era l’espressione di una chiesa senza timori, animata dalla testimonianza autentica di Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia, che chiedeva il rispetto in particolare di alcune vaste aree della Murgia destinate a diventare luoghi di poligoni ed esercitazioni militari.
Pochi anni prima, quando ero parroco nella mia città di Bisceglie e rilanciai, nella notte di Natale del 1988, l’appello profetico “Puglia arca di pace e non arco di guerra” rivolto dai vescovi della Metropolìa di Bari alla Chiesa e alla politica italiana per denunciare la militarizzazione della Puglia e il progetto di collocare nell’aeroporto militare di Gioia del Colle ben 72 cacciabombardieri americani F16. Era l’espressione di una chiesa senza timori, animata dalla testimonianza autentica di Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia, che chiedeva il rispetto in particolare di alcune vaste aree della Murgia destinate a diventare luoghi di poligoni ed esercitazioni militari.
Come
si può attualizzare, ora, quella presa di posizione di Tonino Bello?
Basta seguire papa Francesco che nel discorso del 5 febbraio ai ministri delle finanze e economisti invitati in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha detto che «è necessario affermare che la più grande struttura del peccato, o la più grande struttura dell'ingiustizia, è la stessa industria della guerra, poiché è denaro e tempo al servizio della divisione e della morte. Il mondo perde miliardi di dollari in armamenti e violenza ogni anno». Oggi assistiamo, infatti, ad una folle corsa alla produzione e al commercio delle armi, in particolare quelle nucleari, a gravissime ingiustizie sociali e ambientali che hanno generato esodi di popolazioni di migranti dall’Africa in Europa e dal Sudamerica verso gli Stati uniti.
Basta seguire papa Francesco che nel discorso del 5 febbraio ai ministri delle finanze e economisti invitati in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha detto che «è necessario affermare che la più grande struttura del peccato, o la più grande struttura dell'ingiustizia, è la stessa industria della guerra, poiché è denaro e tempo al servizio della divisione e della morte. Il mondo perde miliardi di dollari in armamenti e violenza ogni anno». Oggi assistiamo, infatti, ad una folle corsa alla produzione e al commercio delle armi, in particolare quelle nucleari, a gravissime ingiustizie sociali e ambientali che hanno generato esodi di popolazioni di migranti dall’Africa in Europa e dal Sudamerica verso gli Stati uniti.
L’incontro dei vescovi di 20 Paesi a Bari, secondo
la profezia di La Pira, che era persona molto attenta alla realtà delle cose,
sarà un importante momento di ascolto. Passaggio sinodale necessario per arrivare
a delle indicazioni operative da mettere poi in pratica, se vogliamo che il Mediterraneo diventi davvero il
“nostro” mare della “triplice famiglia di Abramo”, il “grande lago di
Tiberiade”.
intervista pubblicata su cittanuova.it
Nessun commento:
Posta un commento