Traccia dell'intervento al collegamento promosso l'11 luglio 2020
Credo che sia una preziosa occasione questo
incontro promosso dal centro e fondazione La Pira assieme all'associazione de
La Rosa Bianca. Cerco di andare perciò direttamente al contributo che vorrei
offrire per un confronto comune che si pone nella consapevolezza di trovarci
davanti al “crinale apocalittico della storia” come ci ha invitato a fare
Giorgio La Pira con la sua azione politica così eversiva di un ordine ingiusto
da rischiare di essere ridotto oggi da parte di alcuni ad una sorta di santino inoffensivo.
Ritrovo questa prospettiva nella proposta della
“costituzione Terra” e nel documento di Lattarulo oltre che ovviamente nella
enciclica Laudato Sì che non è un testo genericamente ecologista ma una lettera
sull’abisso imminente del nostro mondo.
Con la differenza che al tempo di La
Pira era evidente il pericolo del disastro atomico, mentre oggi come ha
ribadito in una recente conferenza stampa la commissione vaticana sullo
sviluppo integrale , ci troviamo nella condizione che assomiglia terribilmente
al 1914 e al 1939, in quella condizione che, con
riferimento alla grande
guerra, lo storico Clarke ha definito di sonnambulismo.
Sono convinto come dicono i promotori della
Costituzione della terra che sia necessario “attivare i germi e fermenti di un
pensiero politico nuovo” per poter “rivoltare l’ordine mondiale esistente,
incivilire i Poteri, abbattere il dominio, domesticare il denaro, spodestare i
violenti e fare la cosa più antagonista e temeraria che mai si possa pensare:
una Costituzione della Terra, alta e capace di adempiersi”.
Ne sono convinto in maniera particolare perché
credo che mai come in questo momento storico del dopoguerra ci troviamo con un
Parlamento dove manca una reale rappresentanza a quella parte della società responsabile
che riuscì a far approvare la legge 185 del 90 sul divieto di esportazione di
armi ai Paesi in guerra.
Una legge che applicò la Costituzione grazie anche al
corpo vivo delle lavoratrici e lavoratori che si rifiutarono di cedere al
ricatto occupazionale per non collaborare con la logica del realismo politico
che giustifica l’omicidio e la guerra. Testimoni attivi di questa ribellione
costituzionale (fondata sull’articolo 41 della Carta) sono oggi quei portuali
di Genova che si rifiutano di caricare armi sulle navi saudite e quella parte
mite e ostinata dei comitati sardi che chiedono una riconversione profonda
dell’economia perché non possono accettare che nel Sulcis Iglesiente si dia
libertà ad un società italiana controllata da una multinazionale tedesca di
costruire bombe destinate alla guerra in Yemen.
Così come la pastorale sociale
piemontese condanna l’accettazione supina del nostro Paese ai piani strategici
della Lockheed Martin con i suoi caccia bombardieri F35 progettati per caricare
ordigni nucleari stanziati tra l’altro nelle basi militari di Ghedi e Aviano. Dove
si oppongono quelle realtà come pax Christi che non possono non rimandare ai
resistenti dei “ribelli per amore” che diedero la vita per offrire le idee
ricostruttive dell’Italia e della sua Costituzione repubblicana.
Di fatto ciò che resta del controllo pubblico
delle nostre industrie è interessato ad una dismissione delle produzioni civili
a favore di quelle militari. In maniera trasversale si applaude ad esempio ai
28 caccia venduti nel 2016 al Kuwait da Finmeccanica Leonardo ai tempi
del governo Renzi e oggi assistiamo ad un dibattito surreale
sulla vendita delle fregate Fremm all’Egitto come parte di una mega commessa di
Fincantieri che si è impegnata a fornire, tramite la sua controllata negli Usa,
navi da guerra all’Arabia Saudita che poi è la finanziatrice dell’Egitto di al
Sisi.
Separare il giudizio morale dalla prevalenza
presunta degli interessi strategici
nazionali rappresenta la prova di maturità della nostra classe
dirigente “nel complesso e confuso mondo
globalizzato” che ci troviamo a vivere. È questa la tesi prevalente a livello
culturale espressa da Michele Nones, autorevole esponente dell’eccellente
Istituto Affari internazionali fondato da Altiero Spinelli, citato come uno dei
padri dell’Europa. Ancora più decisa la posizione del generale Tricarico, quale
esponente della Fondazione Icsa promossa da Marco Minniti.
Ecco. Mi sembra che se davvero si vuole sovvertire
un ordine ingiusto agendo perché mossi dalla fraternità (come dice Francesco
ai movimenti popolari) bisogna passare dalle teorie e formule astrattamente
perfette ad una pratica coerente e credibile. Altrimenti saremo costretti a
prendere atto, ad esempio, della conferma avvenuta pochi giorni fa al Senato
che ha votato, con soli 14 voti contrari, il rinnovo della collaborazione fra
l’Italia e la Guardia Costiera libica, nonostante le gravi e reiterate
violazioni dei diritti umani compiute da tale guardia costiera come denunciato
da fonti internazionali e da giornali ormai sovversivi come l’Avvenire di Marco
Tarquinio.
Non sembra trovarsi traccia alcuna di quella sana inquietudine che
contaminava un certo cattolicesimo democratico di fonte a ragioni tecnocratiche
e di banale gestione di quel potere politico che resta nel tempo del predominio
dell’ “economia che uccide” come la chiama Francesco.
Siamo chiamati a fare la
nostra parte per non essere costretti a chiudere gli occhi, la premessa che conduce
allo strazio dei genocidi del nostro tempo come quello di Srebrenica che cade
proprio oggi 11 luglio.
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